La particolarità dell’obbligazione tributaria non ne ammette l’applicazione in maniera generalizzata
In materia tributaria, la compensazione è ammessa, in deroga alle comuni disposizioni civilistiche, soltanto nei casi espressamente previsti, non potendo contravvenire al principio secondo cui ogni operazione di versamento, di riscossione e di rimborso e ogni deduzione è regolata da specifiche e inderogabili norme di legge.
Tale principio non può ritenersi superato dall’articolo 8, comma 1, della legge 212/2000 (Statuto del contribuente), il quale, nel prevedere in via generale l’estinzione dell’obbligazione tributaria per compensazione, ha lasciato ferme, in via transitoria, le disposizioni vigenti (demandando ad appositi regolamenti l’estensione di tale istituto ai tributi per i quali non è contemplato).
Questo perchè, in ambito tributario, l’articolo 17 del Dlgs 241/1997, nell’ammettere la compensazione in sede di versamenti unitari delle imposte, ne ha limitato l’applicazione all’ipotesi di crediti dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti e risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data della sua entrata in vigore.
Questo l’importante principio affermato dalla Cassazione nella sentenza n. 2957 del 10 febbraio, con la quale la Corte suprema ha dato seguito a un orientamento che sembrerebbe oramai consolidato (cfr Cassazione, sentenze nn. 12262/2007, 15128/2006 e 15123/2006).
Il fatto
L’Amministrazione finanziaria propone ricorso per cassazione avverso una sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia che, nel confermare la pronuncia di primo grado, aveva annullato un avviso di accertamento Irpef, emesso da un ufficio finanziario lombardo, per intervenuta compensazione.
La Corte accoglie il ricorso con le argomentazioni richiamate.
Tuttavia, la sentenza in commento offre l’occasione per svolgere alcune brevi considerazioni in materia di compensazione tributaria.
La compensazione civilistica e fiscale
In ambito civilistico, l’articolo 1241 del codice civile prevede l’estinzione dell’obbligazione per compensazione, stabilendo che “Quando due persone sono obbligate l’una verso l’altra, i due debiti si estinguono per le quantità corrispondenti…”.
Il successivo articolo 1242 dispone che “La compensazione estingue i due debiti dal giorno della loro coesistenza. Il giudice non può rilevarla d’ufficio”, mentre, l’articolo 1243 prevede che la compensazione legale si verifica “…solo tra due debiti che hanno per oggetto una somma di danaro o una quantità di cose fungibili dello stesso genere e che sono ugualmente liquidi ed esigibili”.
L’operatività dell’istituto civilistico della compensazione in ambito tributario è stata in passato sempre esclusa, dalla dottrina e dalla giurisprudenza, sia pure sulla base di argomentazioni diverse, alcune volte motivate sulla indisponibilità del credito tributario, altre volte, invece, sulla base dell’articolo 1246 del codice civile, secondo cui non sono compensabili i crediti per loro natura impignorabili (quali sono appunto i crediti tributari).
In materia tributaria, invece, la compensazione non è stata ammessa come principio di carattere generale ma è stata limitata a ipotesi speciali. In particolare, nell’ambito del sistema di liquidazioni e versamenti unitari delineato dal Dlgs 241/1997, l’articolo 17 attribuisce al contribuente la possibilità di eseguire versamenti (nei confronti dell’Erario, enti locali e previdenziali) con eventuale compensazione dei crediti dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche.
A ben vedere, la compensazione prevista dal citato articolo 17 si differenzia in modo assai rilevante da quella civilistica, in quanto sembrerebbe possibile che l’effetto estintivo si verifichi anche laddove non vi sia identità fra i soggetti che assumono le contrapposte posizioni creditorie e debitorie, atteso che la stessa è ammessa anche fra crediti nei confronti dell’Amministrazione finanziaria e debiti verso gli istituti previdenziali o le Regioni e viceversa.
I due istituti, infatti, pur avendo la medesima ratio, non sono contraddistinti dagli stessi requisiti essenziali, con la conseguenza che essi non sono del tutto sovrapponibili.
Nel delineato quadro normativo, si inserisce l’articolo 8, comma 1, della legge 212/2000, secondo cui “L’obbligazione tributaria può essere estinta anche per compensazione”.
Evidentemente, tale norma si riferisce a possibilità diverse da quelle già concesse dal richiamato articolo 17 del Dlgs 241/1997 e, in particolare, è stato rilevato come la disposizione dello Statuto abbia inteso fare riferimento, nella sua laconicità, alla compensazione contemplata dal codice civile e, quindi, alla relativa disciplina ivi contenuta, fermo restando che l’articolo 8 dello Statuto non reca alcuna limitazione in tema di crediti che possono essere opposti in compensazione dal contribuente ai fini dell’estinzione dell’obbligazione tributaria.
A conferma di ciò, la Corte di cassazione, nella sentenza 22872/2006, ha affermato che l’applicazione del principio di compensazione vige nell’ordinamento tributario ancor prima dell’espresso riconoscimento contenuto nell’articolo 8 dello Statuto, pertanto, “L’operatività della compensazione nel campo tributario è stata affermata dalla giurisprudenza della Corte nelle sentenze 10 febbraio 2001, n. 1930, 13 dicembre 2004, n. 27761, e 26 novembre 2005, n. 17301. Aderendo a tale principio il Collegio osserva che l’esercizio del potere regolamentato in materia di compensazione, previsto dal citato art. 8, non può considerasi condizione necessaria per l’operatività della compensazione, ma attribuisce soltanto all’Amministrazione finanziaria la possibilità di disciplinarne l’applicazione. Per cui, secondo il principio affermato da questa Corte (sent. n. 14579/2001), in difetto di una specifica normativa, devono applicarsi i principi dettati dal codice civile (artt. 1241 e seguenti)”.
Marco Denaro
Fonte: http://www.nuovofiscooggi.it/giurisprudenza/articolo/compensazione-fiscale-vincolata-listituto-segue-regole-rigide