Confermato l’orientamento in materia: il preventivo invito al contribuente è una mera facoltà, non un obbligo
E’ legittimo l’avviso di accertamento fondato sulle risultanze delle indagini bancarie, anche se il contribuente non è stato invitato preventivamente a fornire dati e notizie rilevanti ai fini del recupero nei suoi confronti.
E’ questo il chiarimento fornito dalla Cassazione con la sentenza n. 5051 del 3 marzo.
Il fatto
L’ufficio notificava due avvisi di accertamento, con i quali, in relazione a due periodi d’imposta consecutivi, accertava l’esistenza di redditi d’impresa non dichiarati. Gli avvisi di accertamento si fondavano sull’istruttoria svolta dagli organi di controllo nei confronti del contribuente che, nonostante avesse cessato formalmente l’attività di commerciante di abbigliamento, disponeva di diversi conti bancari sui quali erano stati effettuati rilevanti movimenti bancari, tali da far desumere l’esistenza di un’attività di vendita di capi d’abbigliamento non dichiarata.
La Ctp rigettava i ricorsi presentati. L’appello del contribuente era, invece, accolto sul presupposto che l’ufficio avrebbe dovuto invitare il contribuente a fornire chiarimenti in ordine agli elementi acquisiti dall’ufficio durante le indagini bancarie e rilevanti ai fini dell’accertamento nei suoi confronti.
L’Agenzia delle Entrate proponeva allora ricorso in Cassazione, censurando in più parti la pronuncia dei giudici di merito. Secondo la tesi dell’Amministrazione (ritenuta fondata dalla Suprema corte), nella serie procedimentale tesa all’accertamento sulla base delle risultanze delle indagini bancarie, non costituisce un momento necessario l’invio al contribuente di questionari o richieste di chiarimenti concernenti i dati acquisiti. Sarebbe stato, pertanto, onere del contribuente (che invece non forniva alcuna prova) dimostrare nel corso del giudizio di merito – nel quale nessun rilievo poteva essere attribuito alla sentenza penale di assoluzione emessa in suo favore – che le operazioni bancarie rilevate nel corso delle indagini non si riferivano ad attività commerciale.
La pronuncia della Suprema corte: i principi di diritto affermati
Nell’accogliere il ricorso dell’Agenzia, la Cassazione ha precisato la portata dell’articolo 32, comma 1, n. 2, del Dpr 600/1973, che prevede la possibilità, per gli uffici, di invitare i contribuenti a fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti, anche relativamente ai rapporti e alle operazioni i cui dati, notizie e documenti, siano stati acquisiti dall’Amministrazione medesima nel corso di un’indagine bancaria o finanziaria.
In proposito, i giudici di legittimità hanno ribadito il principio secondo cui la disposizione normativa che prevede “l’invito del contribuente a fornire dati e notizie in ordine agli accertamenti bancari, non impone all’ufficio l’obbligo di uno specifico e previo invito, ma gli attribuisce una mera facoltà, della quale può avvalersi in piena discrezionalità; il mancato esercizio di tale facoltà non può quindi determinare l’illegittimità della verifica operata sulla base dei medesimi accertamento”.
La pronuncia si pone in continuità con il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui, in materia di indagini bancarie, l’invito al contraddittorio preventivo costituisce una mera facoltà per l’ufficio e non un obbligo1. Il mancato invito da parte dell’ufficio non inficia, pertanto, la legittimità dell’operato ove basato su presunzioni legali2.
Sotto tale profilo, la Suprema corte ribadisce, infatti, che la disciplina dell’accertamento delle imposte sui redditi e dell’Iva pone “…delle presunzioni legali, ancorché semplici, in forza delle quali i versamenti su conto corrente bancario, in assenza di prova contraria del contribuente che attesti la loro inerenza all’imponibile dichiarato ovvero ad operazioni non imponibili, si presumono rappresentativi di corrispettivi imponibili in forza di una vincolante valutazione legislativa. Ne deriva che al fine di superare la presunzione di cui sopra occorre che sia il contribuente a fornire la prova liberatoria dimostrando la riferibilità di ogni singola movimentazione”. Prova liberatoria che, nel caso concreto, non è stata fornita dal contribuente nel processo tributario di merito, nel corso del quale, rileva infine la Corte, il giudice può fondare il proprio convincimento anche su elementi presuntivi, con una sua autonoma valutazione rispetto a quella del giudice penale.
Antonino Iacono
Fonte: http://www.nuovofiscooggi.it/giurisprudenza/articolo/indagine-bancaria-e-contradditorio-luna-non-tira-forza-laltro