A livello globale, il patrimonio dei prodotti previdenziali a contribuzione definita sta superando quello degli schemi a prestazione definita. Secondo una ricerca di State Street global advisors (SSga), nei principali mercati pensionistici (Stati Uniti, Regno Unito, Australia, Canada, Svizzera, Giappone e Paesi Bassi), la crescita media per i primi è stata del 6,4% annuo nell’ultimo decennio contro l’1,6% dei secondi. Gli asset dei fondi a contribuzione definita rappresentano quindi il 42% del totale rispetto al 32% del 1999.
Il passaggio dagli schemi tradizionali a quelli in cui è predeterminato l’importo da versare, ma non l’ammontare della pensione che si avrà non avviene alla stessa velocità in tutti i Paesi. L’Italia rappresenta un caso emblematico. Di fatto, a coloro che si sono iscritti alla previdenza complementare dopo la riforma del 2007 si applica il sistema a contribuzione definita, ma i ritmi di crescita sono contenuti. Secondo le recenti statistiche di Assogestioni, il numero di sottoscrittori dei fondi pensione aperti è salito appena del 3% tra il quarto trimestre 2008 e lo stesso periodo del 2009. Inoltre, la raccolta non ha superato il miliardo di euro nell’intero anno.
Secondo il rapporto di SSga, la crisi ha dato un duro colpo ai fondi pensione a prestazione definita nel Regno Unito, dove il 52% potrebbe chiudere. Negli Stati Uniti, il crollo degli schemi a prestazione definita è cominciato a fine degli anni ’70. Anche i prodotti a contribuzione definita hanno subito i contraccolpi della crisi. Oltreoceano, gli aderenti ai piani 401(k), che sono forme previdenziali promosse a livello aziendale, hanno registrato cali medi pari a circa il 28%. Un’analisi di Watson Wyatt mostra che le formule tradizionali hanno mediamente ottenuto risultati migliori.
I più danneggiati sono stati i lavoratori vicini alla pensione, molti dei quali erano eccessivamente esposti alle azioni. Dunque, se la direzione futura è quella della “contribuzione definita”, è necessario rafforzare i modelli attuali che durante la crisi hanno mostrato tutti i loro limiti. Anche perché questi sistemi trasferiscono l’intero rischio sull’individuo. E’ indispensabile, quindi, che i lavoratori siano adeguatamente informati e formati per pensare al loro futuro. Ad esempio, devono sapere che se versano un contributo troppo basso, possono non riuscire a mantenere un adeguato livello di benessere in futuro. Inoltre, anche le aziende devono essere coinvolte attivamente e non solo per orientare i dipendenti.
Fonte: http://www.morningstar.it/it/news/article.aspx?articleid=88111&categoryid=70&refsource=newsletter〈=it-IT