Una sentenza su cartelle viziate è impugnabile dalla sola Agenzia

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Non è ipotizzabile un litisconsorzio necessario tra Amministrazione e agente della riscossione
L’ufficio finanziario, che è stato parte nel giudizio di primo grado, può impugnare la sentenza sotto ogni aspetto e, quindi, anche in relazione ai vizi della cartella di pagamento e/o dell’avviso di mora non essendo necessario che, in ordine ai motivi relativi alla fase della riscossione, abbia proposto gravame anche l’agente della riscossione.
Questo l’interessante principio affermato dalla Cassazione nella pronuncia n. 6756 del 19 marzo.

I fatti di causa
Un contribuente impugna un avviso di mora, in quanto non preceduto da regolare notifica della cartella di pagamento, a seguito dell’iscrizione a ruolo di un debito Irpef rinveniente da un controllo effettuato ai sensi dell’articolo 36-bis del Dpr 600/1973.
In seguito, lo stesso contribuente impugna due cartelle di pagamento (anni 1993-1994) eccependo, oltre alla nullità delle stesse per mancata sottoscrizione, l’intervenuta decadenza del potere di riscossione nonché la mancanza della preventiva notifica dell’avviso bonario.
Nei giudizi così instaurati, si costituiscono l’Agenzia delle Entrate, chiedendone l’inammissibilità, e il competente agente della riscossione che sostiene, in via pregiudiziale, la propria carenza di legittimazione passiva e, in subordine, l’infondatezza dei ricorsi.

I giudici di primo grado accolgono i ricorsi, previa riunione degli stessi, nella convinzione dell’intervenuta decadenza, da parte dell’Amministrazione convenuta, dal potere di riscossione, rilevando, inoltre, la decadenza dei termini per le attività di liquidazione delle dichiarazione dei redditi, relative agli anni di imposta in contestazione.
Avverso tale pronuncia, l’ufficio finanziario propone appello e ribadisce la legittimità del proprio operato, anche con riferimento alla successiva attività di riscossione.

I giudici di appello, nel distinguere tra le censure attinenti al potere di liquidazione – in relazione alle quali ritiene pienamente legittimata la sola Agenzia delle Entrate – e quelle concernenti la successiva attività di riscossione, per le quali afferma invece la legittimazione passiva del solo agente della riscossione, accoglie le doglianze dell’ufficio finanziario e conferma la legittimità dell’attività di liquidazione di cui all’articolo 36-bis del Dpr 600/1973.
Tuttavia, i giudici del gravame ritengono che l’appello proposto dall’Agenzia, quantunque fondato su questioni di merito, non merita accoglimento in quanto – in mancanza dell’appello proposto dall’agente della riscossione, in ordine ai punti della decisione di primo grado relativi alla fase di riscossione – il giudicato interno si è formato su questioni inerenti ai vizi propri degli atti impugnati e, sotto tale aspetto, sono inammissibili i motivi di appello proposti dall’unica parte appellante (ovvero l’Agenzia), a tanto non legittimata.
L’Agenzia propone allora ricorso per cassazione.
In particolare, contesta la sentenza di appello laddove la stessa, nell’esaminare i motivi del gravame relativi ai vizi delle cartelle, ritiene, illegittimamente, che sul punto si sia formato il giudicato, stante l’assenza di impugnazione della sentenza di primo grado da parte dell’agente della riscossione.
Sempre l’Agenzia, ritiene sussistere la propria legittimazione passiva nel giudizio di appello, anche con riferimento all’impugnazione degli atti di riscossione e, in generale, a impugnare autonomamente la sentenza sfavorevole, avendo partecipato al giudizio di primo grado.

La Cassazione accoglie il ricorso e cassa, con rinvio, la sentenza di appello.
Innanzitutto, i giudici della Corte suprema – in linea con l’interpretazione fornita al riguardo in altre precedenti pronunce – rilevano l’erroneità della dicotomia operata dalla Commissione tributaria regionale in merito alla legittimazione dell’ufficio finanziario rispetto a quella dell’agente della riscossione.
Per la Cassazione, infatti, deve ritenersi oramai consolidato “…il principio secondo cui la posizione del concessionario nei confronti del contribuente, esaurendosi nella funzione di mero destinatario del pagamento, non comporta una situazione di litisconsorzio necessario, nè sostanziale, nè processuale, tra l’ente impositore ed il concessionario stesso, atteso che quest’ultimo (a parte l’esercizio dei poteri propri, volti alla riscossione delle imposte iscritte nel ruolo), nell’operazione di portare a conoscenza del contribuente il ruolo, dispiega una mera funzione di notifica, ovverosia di trasmissione al destinatario del titolo esecutivo così come formato dall’ente (Cass., 26 gennaio 2010, n. 1372; Cass., 16 gennaio 2009 n. 933)”.

I giudici di piazza Cavour, poi, richiamano anche i principi contenuti nella nota sentenza 14612/2007, emessa dalle sezioni unite.
Infatti, in quella occasione, il Supremo collegio ha avuto modo di precisare che l’impugnazione di un avviso di mora emesso dall’agente della riscossione, laddove si eccepisce l’omessa notifica della cartella di pagamento, può “…essere svolta dal contribuente indifferentemente nei confronti dell’ente creditore o del concessionario e senza che tra costoro si realizzi una ipotesi di litisconsorzio necessario, essendo rimessa alla sola volontà del concessionario, evocato in giudizio, la facoltà di chiamare in causa l’ente creditore”.
Pertanto, nel caso in cui l’impugnazione riguardi il merito della pretesa impositiva, la legittimazione passiva resta in capo all’ente titolare del diritto di credito e non all’agente della riscossione che, qualora venga fatto destinatario dell’impugnazione, dovrà chiamare in giudizio il predetto ente, ai sensi dell’articolo 39 del Dlgs 112/1999, “…se non vuole rispondere dell’esito della lite, non trattandosi nella specie di vizi che riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi: l’enunciato principio di responsabilità esclude, come già detto, che il giudice debba ordinare ex officio l’integrazione del contraddittorio, in quanto non sussiste tra ente creditore e concessionario una fattispecie di litisconsorzio necessario, anche in ragione dell’estraneità del contribuente al rapporto (di responsabilità) tra l’esattore e l’ente impositore” (Cassazione, sezioni unite, sentenza 14612/2007).

Sulla base di tali principi, la Cassazione ritiene illegittima la sentenza impugnata nel punto in cui ha erroneamente escluso la legittimazione dell’ufficio finanziario, già parte in primo grado, a impugnare sotto ogni aspetto – anche in relazione ai dedotti vizi delle cartelle e dell’avviso di mora – la decisione di primo grado.

Infine, per ulteriori approfondimenti sulle problematiche relative ai rapporti processuali tra agente della riscossione e Agenzia delle entrate, si rimanda alle istruzioni operative fornite con circolare 51/2008 (vedi articolo “Entrate-Concessionario, il giorno del giudizio nelle mani del contribuente”, pubblicato su Fiscooggi il 17 luglio 2008).
Marco Denaro
Fonte: http://www.nuovofiscooggi.it/giurisprudenza/articolo/una-sentenza-su-cartelle-viziate-e-impugnabile-dalla-sola-agenzia