di Tito Boeri e Pietro Garibaldi
E’ stato presentato in Senato un disegno di legge di riforma del mercato del lavoro, che riprende una nostra proposta: l’istituzione di un contratto unico a tutele progressive. E’ un modo per conciliare la flessibilità in ingresso richiesta dalle imprese con le esigenze di stabilità dei lavoratori. Si tratta di una riforma non più rinviabile. Per rendere più proficua la discussione riassumiamo qui i tratti distintivi del Ddl.
Quarantotto senatori e due deputati (1) hanno sottoscritto un disegno di legge e che raccoglie una proposta elaborata su questo sito: l’istituzione di un contratto unico a tutele progressive, un modo per conciliare la flessibilità in ingresso richiesta dalle imprese con le esigenze di stabilità dei lavoratori. Ci auguriamo che presto il Ddl sia oggetto di discussione istituzionale e che dia un contributo importante a una riforma non più rinviabile.
Nel frattempo il disegno di legge è già stato ampiamente dibattuto dai giornali, anche se raramente i suoi contenuti sono stati spiegati in modo esaustivo. E in alcuni casi si è preferito denigrarlo senza neanche preoccuparsi di fornirne una descrizione.
Per contribuire al dibattito proviamo qui sotto a illustrare i tratti distintivi del Ddl e a mettere in luce l’urgenza della riforma.
IL CUI UNIFICA
A differenza delle riforme introdotte in Italia dal 1990 e di altre proposte recenti di riforma del mercato del lavoro (link alla Damiano e Alessia), il disegno di legge Nerozzi non istituisce alcuna nuova figura contrattuale da aggiungere alle quarantaquattro già esistenti. Al contrario, vuole evitare che, come oggi, i lavoratori entrino nel mercato del lavoro con un contratto temporaneo per poi dover vivere nella spasmodica attesa di una sua conversione in un contratto a tempo indeterminato. Il Cui è da subito un contratto a tempo indeterminato. Nessuna conversione è richiesta. E la protezione contro il rischio di licenziamento viene fornita fin dal primo giorno.
IL CUI NON RICHIEDE NUOVE TASSE
Da anni si cerca di contrastare il dualismo del nostro mercato del lavoro con incentivi fiscali alle assunzioni con contratti a tempo indeterminato. È la strada già intrapresa col cosiddetto bonus Sud e col bonus assunzioni del 2001. Come hanno mostrato valutazioni dell’esperienza italiana e di altri incentivi di questo tipo istituiti in Spagna, i risultati sono molto deludenti perché spesso si incentiva ad assumere con contratti atipici chi altrimenti verrebbe fin da subito assunto con contratti a tempo indeterminato, pur di beneficiare degli incentivi alla conversione. E per rendere conveniente la trasformazione, l’incentivo deve essere sostanzioso date le attuali asimmetrie fra contratti a tempo indeterminato e lavori temporanei. Questo significa costi molto elevati per le casse dello Stato, quindi nuove tasse. Il Cui non costa nulla alle casse dello Stato ed è molto più efficace perché cerca di trasformare tutte le assunzioni in contratti a tempo indeterminato fin dall’inizio.
IL CUI PROTEGGE CHI NON È PROTETTO
La contrattazione collettiva può cambiare le regole del Cui rendendole ancora più protettive nei confronti dei lavoratori. Il Cui è, infatti, uno strumento per garantire tutele minime ai lavoratori che sfuggono alle maglie della contrattazione. Non proibisce altre formule contrattuali, ma mira a un loro forte ridimensionamento scoraggiandone l’abuso.
GLI ATTUALI CONTRATTI FLESSIBILI SONO LEGITTIMI SOLO SE PAGANO DI PIÙ
Il problema del cosiddetto precariato risiede nella combinazione di bassi salari e instabilità. I lavoratori non hanno modo di assicurarsi contro il rischio di perdere il loro impiego. Il principio seguito nel Ddl è proprio quello di imporre ai datori di lavoro che volessero assumere con contratti a progetto o a tempo determinato di pagare i lavoratori al di sopra di una soglia. In particolare, un’assunzione con un contratto a tempo determinato è legittima solo se comporta un salario annuale (o equivalente in termini di orario ridotto) di almeno 25mila euro. Nel caso dei lavoratori parasubordinati, la soglia è più elevata in considerazione anche della loro maggiore esposizione al rischio di perdere il lavoro: si tratta in questo caso di 30mila euro.
ASSICURAZIONI OBBLIGATORIE E SALARIO MINIMO
Coerente con l’idea che bisogna fornire ai lavoratori la possibilità di assicurarsi contro i rischi è anche il progressivo allineamento dei contributi previdenziali fra i diversi tipi di contratto.
E sempre coerente con questa filosofia è la scelta di prevedere un minimo retributivo, un salario minimo per i lavoratori non contrattualizzati, ormai una quota maggioritaria dell’occupazione.
(1) Al Senato il primo firmatario è Paolo Nerozzi. Alla Camera gli onorevoli Bobba e Mosca hanno recentemente presentato il ddl e stanno in questi giorni raccogliendo le firme.
Fonte: http://www.lavoce.info/articoli/pagina1001663.html