Concessione di stazione marittima. Agire da privati tira dentro l’Iva

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L’Autorità portuale non si muove in veste pubblica se l’atto prevede reciproche obbligazioni tra le parti
L’atto di concessione del servizio di stazione marittima, stipulato tra un’Autorità portuale e una società concessionaria, caratterizzato da previsioni che concretizzano modalità di svolgimento tipiche delle attività degli operatori economici privati, è rilevante ed imponibile ai fini Iva.
Così si è espressa l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 32/E del 26 aprile.

La vicenda
L’Autorità portuale, ai sensi dell’articolo 6, comma 1, lettera c), della legge 84/1994, affida in concessione le attività dirette alla fornitura a titolo oneroso agli utenti portuali di servizi di interesse generale, tra i quali rientrano, appunto, la gestione delle stazioni marittime e i servizi di supporto ai passeggeri. A fronte della concessione di tale servizio di stazione marittima, la concessionaria erogherà un canone, una quota del quale risulta determinata in funzione del numero dei passeggeri che ogni anno transitano sulla stazione marittima.

L’articolo 1, comma 993, della legge 296/2006 prevede che “gli atti di concessione demaniale rilasciati dalle autorità portuali, in ragione della natura giuridica di enti pubblici non economici delle autorità medesime, restano assoggettati alla sola imposta proporzionale di registro ed i relativi canoni non costituiscono corrispettivi imponibili ai fini dell’imposta sul valore aggiunto”.
Ai fini dell’imposta di registro, le concessioni su beni demaniali sono soggette al tributo nella misura proporzionale del 2% (articolo 5 della Tariffa, parte prima, allegata al Tur).

La norma chiarisce, quindi, la natura giuridica di enti pubblici non economici rivestita dalle Autorità portuali e disciplina il trattamento fiscale dell’attività di gestione dei beni demaniali portuali, prevedendo che gli introiti derivanti dagli atti di concessione degli stessi, affidati ai singoli operatori, non realizzano corrispettivi imponibili ai fini Iva, posto che le concessioni di beni demaniali costituiscono atti che le Autorità portuali compiono in veste di pubblica autorità.

La questione interpretativa si è posta dal momento che, nel caso in esame, l’interpellante ha escluso che l’atto di concessione in parola fosse annoverabile tra le concessioni di beni demaniali, posto che a essere oggetto di concessione non era un bene demaniale, ma un servizio. L’atto stesso è infatti qualificato espressamente come “concessione di servizio di stazione marittima”.

La soluzione interpretativa
Al fine di valutare la rilevanza ai fini Iva dell’operazione prospettata, la prima cosa che occorre verificare è se l’Autorità portuale concedente agisca nella veste di pubblica autorità ovvero in qualità di operatore economico privato.

Le Autorità portuali (legge 84/1994), oltre a essere preposte all’esercizio di poteri autoritativi che assumono una connotazione di carattere pubblicistico, svolgono anche attività di natura commerciale.
Esaminando normativa e giurisprudenza comunitaria, rilevante è l’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva Ce n. 112 del 2006, in base al quale “Gli Stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri enti di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità, anche quando in relazione a tali attività od operazioni, percepiscono diritti, canoni, contributi o retribuzioni”, a condizione che l’esclusione dal tributo delle medesime attività non comporti distorsioni di concorrenza di una certa rilevanza. A tal proposito, la Corte di giustizia, con la sentenza del 14 dicembre 2000, causa n. C-446/98, nel commentare l’articolo 4, paragrafo 5 della direttiva Cee 17 maggio 1977, n. 77/388 (poi confluito nel citato articolo 13 della direttiva n. 112 del 2006) ha precisato che “…le attività esercitate in quanto pubbliche autorità, ai sensi dell’art. 4, n. 5), primo comma della sesta direttiva, sono quelle svolte dagli enti pubblici nell’ambito del regime giuridico loro proprio, escluse le attività da essi svolte in base allo stesso regime cui sono sottoposti gli operatori economici privati”.

Tradotto, è la valutazione delle modalità di svolgimento delle attività che consente di stabilire se l’ente agisce nell’ambito di un regime giuridico proprio degli enti pubblici o nell’ambito di un regime giuridico proprio degli operatori economici privati. A tale scopo, occorre verificare se l’attività sia caratterizzata dall’esercizio di poteri di natura unilaterale e autoritativa o se si svolga su base sostanzialmente pattizia, attraverso una disciplina che individui, in via bilaterale le reciproche posizioni soggettive.

Pur in presenza di profili di carattere pubblicistico che caratterizzano l’affidamento in concessione del servizio di stazione marittima, l’atto di concessione in esame si caratterizza per la previsione di reciproche obbligazioni intercorrenti tra le parti contraenti, che concretizzano modalità di svolgimento tipiche delle attività svolte da operatori economici privati. Un assunto, questo, corroborato da una serie di altri elementi (la messa a disposizione dall’autorità concedente al concessionario di una serie di beni strumentali, il versamento da parte di quest’ultimo di canoni commisurati – nella quota variabile – al numero dei passeggeri imbarcati e sbarcati durante l’anno, la corresponsione di una penale a carico del concessionario, nell’ipotesi di mancato raggiungimento del volume complessivo minimo di passeggeri previsto contrattualmente).

Stante la rilevanza Iva dell’operazione posta in essere dall’Autorità portuale (appurata la sussistenza dei requisiti soggettivo e oggettivo), la risoluzione chiarisce che l’atto di concessione non è ascrivibile ai servizi non imponibili di cui all’articolo 9, comma 1, n. 6), del Dpr 633/1972 “…prestati nei porti…che riflettono…il movimento di beni o mezzi di trasporto”, comprensivi, a mente dell’articolo 3, comma 13, del Dl 90/1990, dei “…servizi relativi al movimento di persone”. Difatti, il rapporto che intercorre, a monte, tra l’Autorità portuale e la società concessionaria risulta semplicemente prodromico rispetto all’esercizio del servizio di stazione marittima.
Pertanto, a beneficiare del predetto regime di non imponibilità sono esclusivamente le prestazioni che la società concessionaria eseguirà in forza della concessione, in favore dei soggetti terzi (utenti e linee di navigazione).

La concessione del servizio è, in conclusione, soggetta all’aliquota Iva ordinaria (20%); l’atto sconta, inoltre, l’imposta di registro in misura fissa, in base al principio di alternatività Iva-Registro.
Marcello Maiorino

Fonte: http://www.nuovofiscooggi.it/normativa-e-prassi/articolo/concessione-di-stazione-marittima-agire-da-privati-tira-dentro-liva