La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza 1° marzo 2010, n. 4861 si è pronunciata in materia di credito erariale da imposta regionale sulle attività produttive. In particolare la Corte ha accolto il ricorso presentato da Equitalia Polis s.p.a. per l’ammissione al passivo fallimentare in via privilegiata per l’IRAP.
La questione di fondo che si è posta la Corte era se l’Irap potesse essere considerata sostitutiva dell’Ilor. A ben vedere un’analisi superficiale avrebbe portato a conclusioni affrettate e riduttive: unico punto in comune tra le due imposte il fatto di essere locali. L’Ilor, infatti, era un tributo di esclusiva competenza dello Stato sia nella fase di accertamento che di riscossione. Si trattava, inoltre, di un’imposta diretta e reale che andava a colpire il reddito di fonte patrimoniale ossia tutti quei redditi che erano caratterizzati dal “concorso alla loro produzione di un certo patrimonio (quindi indice di capacità contributiva), senza tenere alcun conto, per la sua applicazione alle varie categorie di reddito, della situazione personale o familiare del contribuente”[1].
Nell’ambito del riordino della finanza locale il Governo istituì l’IRAP, quale imposta di tipo reale, che colpisce tutte le attività produttive esercitate sul territorio regionale, sulla base del valore aggiunto prodotto e quale imposta che in se assorbiva il contributo per il servizio sanitario nazionale, il contributo per l’assistenza sanitaria ai pensionati, l’imposta locale sui redditi, la tassa sulle concessioni governative per l’attribuzione del numero di partita IVA, l’imposta straordinaria sul patrimonio netto delle imprese e la quota di contributo per l’assicurazione obbligatoria contro la tubercolosi. Il gettito di questa nuova imposta è riservato alle Regioni, infatti l’art. 1, co. 43, della L. 244/2007 ha sancito la natura di tributo proprio delle regioni.
Nel corso di questo decennio più volte la Corte Costituzionale è intervenuta in tema di IRAP al fine di stabilire la sua natura e le competenze legislative spettanti alle regioni. In tale circostanza è emersa la natura erariale e reale dell’imposta in quanto diretta a colpire le fonti di ricchezza di carattere patrimoniale; che per l’accertamento, la riscossione ed il contenzioso dell’IRAP si applica la medesima disciplina dell’ILOR . Questo significa che costituiscono la “ragione del credito” tutti i crediti individuati dell’art. 2752 c.c. tra i quali anche quelli IRAP. La ragione di ciò, secondo i giudici, è da ritrovare nell’art. 53 della Costituzione ossia nel dovere che “tutti i cittadini sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”. L’obbligo di concorrere alle spese è dettata dalla fondamentale esigenza di reperire i mezzi necessari per consentire allo Stato ed agli altri enti pubblici di poter assolvere i loro compiti istituzionali.
Dal ragionamento della Corte, anche nell’Irap va riconosciuta una componente reale. Inoltre per l’accertamento, al riscossione ed il contenzioso dell’Irap si applica la medesima disciplina dell’Ilor; che come si evince dal citato articolo 36 del D.Lgs. 446/1997 è dal momento che il presupposto impositivo è costituito «dal valore aggiunto conseguito dall’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione e alla scambio di beni o alla produzione di servizi».
L’applicazione della medesima disciplina ai due tributi ha permesso di individuare gli stessi privilegi ex art. 2752 c.c. dell’Ilor -ormai abolita- all’IRAP.
Questa esigenza richiede che gli enti pubblici “possano fare affidamento in tempi brevi su una consistente entità di risorse finanziarie, la cui riscossione deve essere certa, donde la necessità di attribuire il privilegio in questione alle imposte” come l’IRAP.
Ed ancora i giudici di Cassazione dispongono che le società di riscossione hanno diritto ad essere rimborsate anche delle spese sostenute per l’ammissione al passivo del fallimento. Questo perché il fisco non è un creditore qualunque, l’organizzazione alla riscossione richiede dei costi da sopportare e problemi di stabilire da chi debbano essere sopportati. Inoltre considerato che la disciplina della domanda di ammissione al passivo fallimentare è contenuta nei medesimi testi normativi che disciplinano l’esecuzione forzata e che prevedono il rimborso delle spese relative alle procedure esecutive, ce la procedura concorsuale assolve nei confronti della massa dei creditori la medesima funzione che la esecuzione su singoli beni del debitore assolve nei confronti di un singolo o più creditori, deve esserci lo stesso trattamento per il rimborso delle spese che il concessionario incontra per il recupero della somma iscritta a ruolo e per l’ammissione al passivo di un fallimento.
Questa pronuncia della Corte è destinata ad avere un impatto importante per l’erario, in quanto assicura alle casse dello Stato per i contenziosi fallimentari sui crediti Irap maturati in epoca precedente al 2 ottobre 2007 un gettito più alto per tale imposta ed al rimborso delle spese sostenute dall’esattore per l’ammissione al passivo.
(Altalex, 2 aprile 2010. Nota di Mariella Orlando)
Fonte: http://www.altalex.com/index.php?idu=143290&cmd5=ac265b1bc42e01dbe234216e9f6c78ee&idnot=49894