Lezione magistrale all’Università di Firenze
Si è tenuta a Firenze (Università degli Studi) il 21 maggio la lezione magistrale del presidente della Camera, Gianfranco Fini (a conclusione del seminario Silvano Tosi) sul tema “Parlamento, federalismo e unità nazionale”.
Il testo integrale del discorso di Fini è stato pubblicato sul sito della Camera ed è disponibile anche sul sito www.regioni.it . il link è:
http://www.regioni.it/mhonarc/details_news.aspx?id=178734
“Con la Costituzione repubblicana” – ha detto il Presidente della Camera “l’unità nazionale è divenuta il valore fondante della forte articolazione delle autonomie territoriali”.
“Unità e sistema delle autonomie – ha sottolineato Fini – non sono in contrapposizione, ma rappresentano i poli all’interno dei quali trova piena realizzazione una delle dimensioni fondamentali del disegno pluralistico della nostra democrazia. Si deve, infatti, sempre tener presente che le caratteristiche più autentiche e più apprezzate della italianità nascono proprio dalla ricchissima pluralità di identità, di tradizioni, di città e di territori”. Tuttavia “l’estrema varietà delle situazioni economico-sociali riscontrabili e la consapevolezza della necessità di trovare un più avanzato punto di equilibrio tra dimensione statuale, realtà locali e scenari globalizzati ci devono indurre oggi a riproporre una nuova articolazione dell’unità nazionale in forma di federalismo e di rafforzamento delle autonomie”. Ecco perché, ha proseguito Fin “federalismo oggi deve significare, innanzitutto, la riproposizione di una visione del futuro del Paese certamente nuova ma altrettanto certamente condivisa, come seppero fare i nostri antenati al momento dell’unità e i padri costituenti al momento di ricostruirla in forma democratica dopo l’immane tragedia della guerra e della guerra civile”. Non c’ è dubbio che il federalismo possa “configurarsi come l’assetto dei poteri più rispondente all’obiettivo di preservare e di valorizzare la diversità delle culture e delle tradizioni delle diverse Regioni” e si può “affermare che un assetto federale può offrire l’ulteriore vantaggio di promuovere un più elevato tasso di partecipazione politica (la cosiddetta “cittadinanza attiva”): la moltiplicazione dei centri di potere e la diffusione delle responsabilità di decisione politica consentirebbe, infatti, ai cittadini di esercitare più agevolmente il controllo sull’azione dalle amministrazioni locali”.
“Nel caso italiano – ha sottolineato il Presidente della Camera- l’evoluzione dello Stato in senso federale si colloca in uno scenario contraddistinto, sotto certi aspetti, da una grande varietà di situazioni e di livelli di sviluppo economico-sociale, e, per altri, da una articolazione dei poteri assai complessa. Coesistono, infatti, nel nostro Paese più livelli di governo territoriale, alcuni dei quali, come i comuni, rispondenti ad antichissime tradizioni e con un forte radicamento nelle popolazioni di riferimento ed altri, come le regioni, titolari di competenze anche legislative, riconosciute direttamente dalla Costituzione. La complessità del quadro istituzionale e l’esigenza di non assumere decisioni affrettate, suscettibili di mettere a repentaglio il patrimonio irrinunciabile dell’unità, impongono di affrontare il tema con la necessaria attenzione” e “la legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale, che costituisce il risultato più avanzato del lavoro di aggiornamento dell’ordinamento dopo la riforma del titolo V della Costituzione, si propone di realizzare, entro un quadro coerente e non contraddittorio di regole condivise tra i diversi livelli di governo, un più stretto coordinamento tra i centri di spesa e quelli di prelievo, che dovrebbe auspicabilmente comportare una maggiore responsabilizzazione da parte degli enti nella gestione delle risorse. A tal fine si prefigura la sostituzione del criterio della cosiddetta spesa storica con quello dei costi standard”. “La volontà di risolvere in termini equilibrati il nodo essenziale della gestione e dei criteri per il riparto delle risorse finanziarie disponibili tra i diversi territori è certamente lodevole – ha sottolineato Fini – ma è, altresì, evidente che, al di là dei criteri di delega indicati nella legge 42, la bontà delle scelte che verranno effettuate dipenderà dai contenuti dei singoli provvedimenti attuativi, che non possono essere elusi se si vuole davvero giungere ad un assetto efficiente e trasparente dei pubblici poteri nell’interesse dei cittadini e del pieno sviluppo economico e sociale”.
“In questo scenario, il Parlamento è chiamato a svolgere un ruolo fondamentale, attraverso la apposita Commissione bicamerale. Occorrerà dedicare all’esame dei decreti delegati – ha avvertito Fini – il massimo scrupolo nella consapevolezza che sono in gioco valori fondamentali come la coesione sociale del Paese, intesa come garanzia di universalità delle prestazioni essenziali da assicurare senza discriminazioni geografiche a tutti i cittadini”.
“Una valutazione complessiva del lavoro sino ad ora svolto per la evoluzione in senso federale del nostro ordinamento – ha proseguito – è impresa ardua anche perché il disegno del legislatore (ordinario e costituente, per quanto concerne il titolo V) attende ancora, per una parte non secondaria, di essere concretamente attuato. In linea generale, anche grazie allo sforzo interpretativo compiuto dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, si può delineare un quadro per cui, accanto ad un disegno complessivo sul riparto di competenze legislative tra i livelli di governo (Stato e regioni, senza, tuttavia, trascurare la dimensione certo non marginale dell’Unione europea), l’ordinamento prevede e ha già sperimentato forme e strumenti operativi di coordinamento, a cominciare dalla Conferenza unificata”.
“Federalismo e principio di sussidiarietà – secondo Fini – non sono assolutamente in contrapposizione; nella sua accezione evoluta, il federalismo non implica, infatti, una ripartizione rigida e statica di competenze secondo regole giuridicamente prestabilite, bensì un criterio mobile per l’allocazione delle competenze non esclusive al livello di volta in volta più appropriato”.
E’ chiaro quiindi che in uno “scenario ‘mobile’ il Parlamento può a ragione rivendicare una sua funzione specifica e un ruolo tutt’ altro che marginale. Il Parlamento si caratterizza, infatti, per la grande varietà delle istanze e degli interessi territoriali e politici che in esso sono rappresentati” e “nel caso del federalismo, il Parlamento dovrà vigilare affinché, nella concreta attuazione dei criteri di delega, non si creino discriminazioni a discapito delle regioni più svantaggiate e con una minore capacità fiscale. Le procedure parlamentari si stanno, non a caso, sempre di più conformando ed adeguando per valorizzare la funzione di raccordo e di coordinamento tra i diversi livelli di governance. Non a caso, una crescente importanza assumono, nella prassi parlamentare, quelle attività istruttorie attraverso le quali il Parlamento dialoga con la società ed acquisisce utili elementi di conoscenza e di valutazione”.
Ed è poi “necessario – ha concluso il Presidente della Camera – che l’ordinamento, nel suo concreto operare e nella sua fisiologica dinamica, individui le sedi e le procedure per prevenire le tensioni e per ricondurre i processi decisionali in una logica virtuosa che preservi la coesione sociale e, quindi, la stessa unità della Nazione”. “Del resto, come ha detto di recente il Capo dello Stato, in occasione di un convegno celebrativo del 60° anniversario della Costituzione italiana, non c’è alternativa al crescere insieme, Nord e Sud, essendo storicamente insostenibili ed obiettivamente inimmaginabili nell’Europa e nel mondo d’oggi prospettive separatiste o indipendentiste, e più semplicemente ipotesi di sviluppo autosufficiente di una parte soltanto, fosse anche la più avanzata economicamente, dell’Italia unita”.