Riforme: c’è “L’Italia di mezzo”

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Il ”Centro” in Italia esiste, ma serve un progetto con sostegno politico trasversale perché una sua eventuale aggregazione politico-istituzionale non si riduca a riserva indiana. In cerca di questo progetto, sono riuniti il 21 maggio a Perugia, gli amministratori di Regioni e Province di Marche, Toscana, Umbria e Lazio, che discutono sugli sviluppi dare al cosiddetto Patto di Cagli dell’ottobre scorso (siglato anche da Abruzzo ed Emilia-Romagna), in cui si gettavano le base per avviare ”l’Italia di Mezzo”. I presidente di Toscana, Marche ed Umbria (Rossi, Spacca e Marini), i presidenti delle Province di Pesaro e Urbino, Firenze, Perugia e Roma (Ricci, Barducci, Guasticchi e Zingaretti), si sono confrontati, di fronte ad un teatro Pavone affollato, su programmi e strategie comuni per valorizzare il ruolo delle loro realtà come cerniera dell’Italia centrale.
La manifestazione di Perugia non è soltanto un momento di incontro istituzionale o di parte politica. “Vogliamo attuare – ha detto il Presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini – un confronto serio e concreto che vada oltre la politica e le sue divisioni. Perché dai nostri territori emerge chiara l’esigenza di lavorare su due aspetti fondamentali: più occupazione e nuovo sviluppo”. La Marini ha auspicato per tutte le realtà dell’Italia centrale un maggiore coinvolgimento con le tematiche di carattere europeo, invitando quindi tutti i responsabili politici delle varie realtà locali a ”stare uniti per influenzare i decreti attuativi sul federalismo fiscale, che rischia di schiacciare il Centro”. “Il nostro modello di Governo e valoriale – ha osservato a questo riguardo la presidente umbra – non deve soccombere con un modello di federalismo che prenda spunto magari da un sistema economico e sociale di altri territori. Ogni area ha una storia e una specificita’. E di questo deve essere tenuto conto quando verrà istituito il federalismo”.
“Il Centro esiste, ma serve un progetto”, ha detto, nella relazione che fa da base alla discussione, il politologo Ilvo Diamanti, convinto che il problema sia ”non ridursi a riserva indiana, immaginando un’Italia divisa in tre con la Lega al Nord, un’altra Lega al Sud e poi quel Pd che qualcuno ha gia’ definito ‘la Lega di Centro’. Se non si vuole questo, bisogna che il progetto goda di una sostegno politico trasversale”. Per Diamanti, poi, un altro rischio che il Centro Italia sta correndo è quello di ”perdere la propria tranquillità sociale per il crescente senso di frustrazione creato dalla paura per la disoccupazione e per la presenza degli immigrati. Due paure – secondo Diamanti – che possono spiegare anche il propagarsi della Lega nelle regioni centrali”.Diamanti ha dato quindi la sua ricetta perché l’aggregazione dell’Italia di Mezzo abbia successo: ”vanno salvaguardati – ha detto – sviluppo e qualità. Bisogna quindi investire in coesione sociale, oltre che in formazione ed università. Ma questi – ha fatto osservare – sono versanti su cui deve investire lo Stato centrale: quindi, anche in un’ottica federalista, un’Italia del Centro potrà nascere solo in uno Stato forte”.
Spinge lo sguardo oltre le frontiere della politica interna il Presidente della regione Marche: “questa alleanza può nascere solo guardando e cercando di interpretare il futuro, tenendo conto che oggi il nostro interlocutore prevalente è l’Europa e che gli orizzonti economici non sono piu’ quelli nazionali o europei, bensì mondiali”,: sostenuto Gian Mario Spacca. “Siamo l’Italia dell’efficienza solidale – sono state le parole di Matteo Ricci, presidente della Provincia di Pesaro Urbino – e dalle nostre regioni possono giungere proposte e contributi per affrontare la crisi che stiamo vivendo”. Di ”grande sfida politico-istituzionale bibartisan, che ha come obiettivo principale quello di individuare misure idonee per tenere insieme il Paese” ha parlato il presidente della Provincia di Perugia, Marco Vinicio Guasticchi, secondo il quale “il punto di partenza da cui prende le mosse l’iniziativa odierna e’ la consapevolezza che le regioni centrali non sono zone residuali, sopravvivenze del passato, ma territori che hanno saputo trasformarsi e che hanno qualcosa da dire anche al resto d’Italia, a partire dalla ricerca di un equilibrio e di una modernità che ha saputo tenere insieme sviluppo economico e qualità sociale, crescita e coesione sociale. Questo il loro punto di forza in passato, questo puo’ essere, anche per il futuro, ciò su cui puntare”. Infine il sindaco di Perugia, Wladimiro Boccali, ha riferito
di un ”sistema degli enti locali fortemente preoccupato per come si sta declinando il progetto del federalismo e per le ricadute della manovra fiscale in atto”.
Per il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, nessuno, agli Stati Generali dell’Italia di mezzo ”ha intenzione di costruire la Centronia, cioè una di quelle macro-regioni che non hanno un senso politico e storico, ma si vuole dare un contributo per una nuova sintesi per il paese”. Per Rossi e’ necessario ”fare alleanze forti e coraggiose in fatto di infrastrutture, sanità e viabilità”. Rossi ha quindi auspicato che si apra “un dibattito sul sistema universitario”, mentre occorre “valutare la realtà, patrimonio specifico di questa zona d’Italia, delle piccole e medie imprese, considerando il fatto che l’Italia di Centro sta guidando parte dell’export italiano”. Infine per il presidente della Toscana “occorre discutere della filiera corta in agricoltura”.

Fonte: http://www.regioni.it/newsletter/newsletter.asp?newsletter_data=2010-05-21&newsletter_numero=1582#art1