La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26138 del luglio 2010, ha dato un giro di vite nel caso di emissione di fatture false. L’imprenditore è punibile anche nel caso in cui non ci sia stata evasione fiscale e anche quando l’operazione vienga posta in essere in un momento successivo rispetto alla registrazione. Secondo i Giudici di legittimità non rileva il fatto che vi sia stata un evasione effettiva, ritenendo sufficiente l’intenzione di ottenere, tramite una falsa fatturazione, un indebito risparmio fiscale Il caso sottoposto al vaglio della Suprema Corte ha condotto all’arresto un noto imprenditore cagliaritano che aveva fatturato 133 mila euro di lavori ad un’altra azienda della quale era amministratore prima ancora che questi fossero iniziati. La Corte ha infatti ritenuto integrato il reato ascritto all’imprenditore sardo. L’evasione di imposta, ha argomentato la Corte, non è un elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice del delitto di emissione di fatture per operazioni inesistenti, ma configura un elemento del dolo specifico normativamente richiesto per la punibilità dell’agente”. In sostanza per l’integrazione del reato è sufficiente che colui che emette le fatture voglia consentire a terzi l’evasione delle imposte sul reddito o sul valore aggiunto, senza che sia necessario che il terzo consegue effettivamente l’evasione. Non rileva perciò la circostanza che il terzo non abbia ottenuto alcun rimborso dell’IVA.
Elisa Barsotti
Studio Cataldi