Confermato il diniego nei riguardi di quelle effettuate dai non residenti nel territorio comunitario
A livello normativo l’articolo 17, nn. 3 e 4, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE e relative modifiche, stabilisce in ottemperanza alla versione di cui all’articolo 28 septies, punto1, le condizioni alle quali gli Stati membri possono accordare a ciascun soggetto passivo la deduzione o il rimborso dell’Iva. In particolare, nel punto 4, si legge che fino a quando non verranno disciplinate tali condizioni gli Stati membri saranno chiamati a stabilire le modalità di effettuazione dei rimborsi. Successivamente gli artt. 169 e 170 della direttiva Iva hanno sostituito proprio il citato articolo 17 nei punti 3 e 4. L’articolo 169, contiene un ulteriore elencazione, rispetto a quanto indicato nell’articolo 168, di operazioni la cui effettuazione da diritto alla detrazione dell’Iva. Per altro verso l’articolo 170 stabilisce che il soggetto passivo che non risiede nello Stato membro in cui effettua acquisti di beni e servizi ha diritto al rimborso dell’Iva assolta su tali beni e servizi nell’ipotesi in cui le operazioni di riferimento siano quelle di cui all’articolo 169 o per le quali l’imposta è dovuta in unica soluzione dal soggetto acquirente o dal soggetto destinatario.
L’origine della controversia
La Commissione delle Comunità europee nel presentare ricorso ai giudici della terza sezione della Corte di giustizia Ue ha chiesto di pronunciarsi nel merito al diniego di recupero dell’Iva assolta a monte da soggetti passivi non residenti nel territorio comunitario a fronte di operazioni di carattere bancario e finanziario. Secondo la Commissione, Regno Unito e Irlanda non riconoscendo la possibilità di rimborso sono venute meno agli obblighi sanciti negli articoli 169-171 direttiva del Consiglio 28 novembre 2006, 2006/112/CE proprio sulle modalità di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto a non residenti.
Il rinvio alle direttive 79 e 86
L’articolo 171 sempre della direttiva Iva in tema di rimborso Iva a favore di soggetti passivi con le caratteristiche sopra descritte fa rinvio alle direttive 79/1072/CEE e 86/560/CEE. Nella prima si legge all’art. 2 come ciascuno Stato membro rimborsa l’Iva ad ogni soggetto passivo non residente all’interno del paese, ma residente in altro Stato membro, a precise condizioni meglio descritte in altra parte della direttiva stessa. Sempre che i beni e servizi acquistati sono impiegati ai fini delle operazioni di cui all’art. 17, paragrafo 3), lettere a) e b) della direttiva 77/388/CEE o delle prestazioni di servizi di cui all’articolo 1, lettera b). La tredicesima direttiva è intervenuta successivamente ad abrogare e sostituire quanto stabilito dall’ottava direttiva. In particolare, nel secondo considerando della tredicesima direttiva, viene fatto salvo quanto stabilito all’articolo 2 in tema di modalità di rimborsi Iva. Si precisa, inoltre, al punto 2, che gli Stati membri possono subordinare il rimborso alla concessione da parte di Stati terzi di analoghi vantaggi in ambito Iva. Ma al punto 2 dell’articolo 4 della tredicesima direttiva si prevede che si possa riconoscere il rimborso solo a talune categorie di spese o subordinarlo a condizioni particolari. Infine, l’articolo 5 della direttiva del Consiglio 12 febbraio 2008, 2008/9/CE stabilisce che ogni Stato membro rimborsa ad ogni soggetto passivo non residente nello Stato nella misura in cui beni e servizi siano impiegati ai fini di operazioni di cui all’art.169, lettere a) e b) direttiva 2006/112/CE ovvero operazioni il cui destinatario è debitore Iva in applicazione di specifiche disposizioni di cui alla direttiva 2006/112/CE.
Secondo la disciplina dell’imposta sul valore aggiunto nel Regno Unito, i soggetti passivi non stabiliti nel territorio comunitario non possono usufruire del rimborso dell’Iva assolta a monte sulle operazioni previste dall’articolo 169, lett. c), della direttiva Iva.
La questione pregiudiziale
La Commissione nel muovere le sue critiche ravvisava le competenti autorità del Regno Unito sull’errata interpretazione dell’articolo 2, n.1, della tredicesima direttiva. In particolare era esclusa la possibilità di rimborsare l’Iva a beni e servizi utilizzati per operazioni assicurative e finanziarie ex articolo 17, n. 3, lett. c), della sesta direttiva. Regno Unito che, da parte sua, difendeva il sistema legislativo nazionale ribadendo la sua conformità alla normativa comunitaria in materia. Di seguito si sono avuti ripetuti tentativi da parte della Commissione di persuadere il Regno Unito a intervenire modificando la normativa nazionale tenendo conto delle indicazioni della Commissione stessa. Di fronte alla posizione del Regno Unito la Commissione ha deciso di adire sulla questione i giudici della Corte di giustizia europea.
Il ricorso alla Corte di giustizia
Il ricorso presentato dalla Commissione riguarda la questione se, non concedendo il recupero dell’Iva versata a monte per operazioni previste dall’articolo 169, lett. c), direttiva Iva a favore di soggetti non stabiliti nel territorio comunitario, costituisca inadempimento da parte dello Stato membro, in questo caso il Regno Unito.
La questione è essenzialmente stabilire l’applicabilità o meno degli articoli 168-171 della direttiva Iva, nonché dell’articolo 2, n.1, della tredicesima direttiva Iva a quegli operatori stabiliti fuori del territorio comunitario. Nell’argomentare la sua posizione, la Commissione, pur ammettendo che l’articolo 2, n. 1, tredicesima direttiva non faccia diretto riferimento alle operazioni bancarie e finanziarie di cui alla lettera c) dell’articolo 169, sostiene che il rimborso Iva sulle operazioni eseguite da non residenti spetti in virtù di una lettura degli articoli da 169 a 171 in combinato disposto con il richiamato articolo 2, n. 1. Ma a questo riguardo i giudici affermano che, a differenza di quanto sostiene la Commissione, non si può derogare all’articolo 2 interpretando in tal senso l’articolo 170. Infatti, proprio l’articolo 2 della tredicesima direttiva costituisce una lex specialis rispetto agli articoli 170 e 171 della direttiva Iva. Questi articoli ostano al diritto al rimborso come descritto nella fattispecie oggetto del ricorso. La valutazione sull’applicabilità del diritto al rimborso deve essere fatta esclusivamente in funzione dell’articolo 2, n. 1 della tredicesima direttiva. Per i togati europei non trova fondamento neanche l’assunto della Commissione per cui il legislatore comunitario andando a sostituire l’ottava direttiva con l’articolo 5 della direttiva 2008/9 fa rinvio, proprio come l’articolo 2 dell’ottava direttiva, all’articolo 169, lett. a) e b), della direttiva Iva. Così facendo il legislatore avrebbe commesso un errore, nell’adozione appunto dell’ottava direttiva, che avrebbe ripetuto nella tredicesima direttiva sostitutiva dell’ottava direttiva.
La posizione degli eurogiudici
Secondo la costante giurisprudenza della Corte fondamentale è il principio di certezza del diritto, secondo cui una normativa, quella comunitaria nel caso di specie, deve essere tale da consentire alle parti in causa di conoscere precisamente la portata della norma e gli obblighi che impone. Per i giudici della Corte non si può prescindere dalla formulazione chiara e precisa delle disposizioni contenute nell’articolo 2, n.1, tredicesima direttiva nel senso di ampliare gli obblighi previsti nei confronti degli Stati membri. A summa delle argomentazioni apportate gli eurogiudici, respingendo il ricorso della Commissione, hanno ribadito il diniego al rimborso dell’Iva su talune operazioni, finanziarie e bancarie, effettuate da soggetti non residenti nel territorio comunitario.
Andrea De Angelis
Fonte: http://www.nuovofiscooggi.it/giurisprudenza/articolo/corte-ue-no-al-rimborso-delliva-su-operazioni-bancarie-finanziarie