di Arturo Lorenzoni e Antonio Sileo
L’ora dell’auto elettrica, annunciata da normative sulle emissioni sempre più stringenti, sembra finalmente arrivata. Ma quante se ne venderanno? Quali gli impatti sul sistema elettrico? Una penetrazione dell’1% corrisponderebbe allo 0,3% dei consumi finali, circa 250 milioni di euro l’anno ai prezzi attuali. Con un nuovo ruolo per i distributori di energia elettrica che grazie alle prossime reti intelligenti, gestiranno una nuova capacità di riserva contribuendo a un miglior sfruttamento del potenziale delle fonti rinnovabili.
Mentre le polemiche sul prezzo dei carburanti tradizionali (benzina e diesel) non accennano a placarsi, inizia a circolare una nuova generazione di auto elettriche. Sono, infatti, diversi i progetti più o meno sperimentali che vedono coinvolte case automobilistiche, pubbliche amministrazioni e aziende elettriche mentre i primi modelli sono attesi per fine anno.
ANALISI DEL MERCATO
L’auto elettrica, invero, già più volte ha fatto capolino sul mercato dell’auto, l’ultima negli anni 90. Solo in Italia si contavano una decina di modelli ma i prezzi erano esorbitanti (il doppio di un modello analogo alimentato in modo tradizionale) e le prestazioni molto modeste. Perché, dunque, questa dovrebbe essere la volta buona? La prima motivazione va ricercata nell’imposizione, specie in ambito urbano, di limiti di emissione e circolazione sempre più stringenti. I veicoli alimentati con energia elettrica sono privi di emissioni dirette, eccetto le polveri per l’usura di freni e pneumatici. Non va poi trascurato il diffondersi di accordi industriali tra i produttori di automobili che, per abbattere i costi e coprire tutti i segmenti, condividono numerosi componenti, motori inclusi. Sull’auto elettrica, e sulla sua componentistica, si sono impegnate grandi aziende, fin’ora lontane dall’auto, e piccoli produttori innovatori, di cui le grandi case stanno acquisendo quote. Nel passato il limite fondamentale è stato rappresentato dalla capacità troppo limitata delle batterie. Ma la ricerca recente e i risultati sorprendenti raggiunti nelle batterie di piccola potenza per l’elettronica portatile, telefoni e pc, mostrano come sia ragionevole attendersi costi per kWh accumulato in forte riduzione nel futuro. Questa volta, inoltre, si potrà contare sull’esperienza maturata con le vetture ibride, nell’elettronica e nella telematica (essenziali nella gestione e nell’utilizzo del veicolo). Se tutto ciò appare promettente è necessario guardare al tema da un’altra importante prospettiva. È il caso di chiedersi cosa succederà al sistema elettrico. La diffusione di massa di veicoli elettrici e di stazioni di caricamento impatterà sul profilo di carico e sulla sua prevedibilità; in particolare, la rete di distribuzione dovrà scambiare energia con nuovi soggetti attivi, dotati di sistemi di accumulo che potranno rilasciare energia nelle ore di maggior consumo e ricaricare quando la domanda è minore. Questo carico elastico distribuito può essere una risorsa di valore per la gestione delle reti, tale da prevedere un nuovo ruolo per chi distribuisce localmente l’energia elettrica, una nuova regolamentazione, sistemi e reti intelligenti (le Smart Grids) per interfacciarsi e gestire al meglio questa riserva di capacità. Vi saranno delle isole virtuose che, accumulando o rilasciando energia, potranno contribuire a un miglior sfruttamento del potenziale derivante dalle fonti rinnovabili. Non va dimenticato, poi, che l’energia elettrica può essere prodotta da più fonti come gas naturale, carbone ma anche rinnovabili e nucleare, che non emettono C02, come non va trascurato l’effetto di (ulteriore) pungolo che le auto alimentate con l’energia elettrica potranno produrre sulle auto alimentate in modo tradizionale, specie quelle a benzina dove si stanno adottando motori sempre più piccoli ed efficienti.
LE PREVISIONI DI UTILIZZO
Ma quante saranno le auto elettriche in Italia e quanto consumeranno per esempio al 2020? Non è facile dirlo. A fine 2009 l’intero parco effettivamente (1) circolante superava i 32,8 milioni di autovetture (nel 2000 erano 29,3 milioni): di queste meno del 5,4 per cento è alimentato con carburanti alternativi, Gpl e metano (2) (incentivati stabilmente dal 1997), benché questi ultimi, spinti dai prezzi di benzina e diesel hanno raggiunto volumi di immatricolazioni e numerosità di modelli mai vista prima. Secondo Renault, la casa automobilistica che sta effettuando i maggiori investimenti :4 miliardi per 4 modelli, le auto elettriche nel 2020 rappresenteranno il 10 per cento delle vendite nel mercato europeo (3) Molto più modeste, e in verità piuttosto contestate (4), le previsioni per l’Italia diffuse dall’Unione Petrolifera: solo 60.000, al 2025.
Si tratta indubbiamente di previsioni non facili, tuttavia alcuni elementi non andrebbero trascurati: la città è il terreno d’elezione dell’auto elettrica; una (mini) citycar, rivoluzionaria e costosa, come la Smart, di cui (naturalmente) già esiste una versione elettrica, ha impiegato 10 anni per arrivare al milione di esemplari prodotti; i (buoni) risultati dell’incentivazione di veicoli a GPL e metano, che ha riguardato non solo veicoli nuovi; nelle flotte aziendali la leva ecologica ha prodotto scarsi risultati (5).
Si potrebbe allora ipotizzare una presenza di auto elettriche al 2020 in una forchetta compresa tra l’1 il per cento 5%del parco stimato in Italia a 33,5 milioni (6).
E LE COMPAGNIE PETROLIFERE?
Certo, non è pensabile che un mercato come quello italiano possa modificare le traiettorie tecnologiche di settore e molto dipenderà dalle politiche di regolazione ambientale attuate in ambito internazionale: senza vincoli forti alle emissioni delle auto, non ci sarà uno stimolo abbastanza forte all’innovazione radicale nel settore della mobilità, ma certamente sul piano delle possibili innovazioni tecnologiche, ambientali, economiche la questione è di grande interesse, come anche gli effetti sui rapporti di forza tra le imprese energetiche. Le collaborazioni messe in atto recentemente da ENEL ed EDF, ma anche da A2A, con imprese automobilistiche sono un primo segno concreto che l’opzione auto elettrica è già entrata nei piani strategici. Come risponderanno le compagnie petrolifere e i gestori delle pompe carburante? Considereranno la cosa una minaccia? O un’opportunità per ottemperare agli impegni del 2020, le prime, e per l’indispensabile introduzione di servizi non oil, i secondi? E, ancor di più come si comporterà l’Erario?
(1) Si fa riferimento ai dati forniti dall’Unione Petrolifera che differiscono, al ribasso, da quelli dell’ ACI.
(2) Non va dimenticato che gli impianti di GPL e metano possono essere istallati anche su auto non nuove abbattendo costi di gestione ed emissioni.
(3) Secondo A.T. Kearney in “Powertrain of the future”, 2009, e la Royal Academy of Engineering in “Electric cars: charged with potential”, 2010, in tale valore sono incluse anche, e primariamente, le vetture ibride plug-in.
(4) Si veda, ad esempio, G.B. Zorzoli, “I tabù dell’UP – Trascurate le prospettive della nuova mobilità”, Staffetta Quotidiana 11 giugno 2010.
(5) Nel 2009 solo il 3 per cento dell’immatricolato per noleggio a lungo termine è stato per auto a basse emissioni: 47 per cento benzina + GPL, 44 per cento benzina + metano, 5 per cento solo metano, 4 per cento ibride, Fleet&Mobility su dati Unrae, 2010.
(6) Unione Petrolifera“Previsioni di domanda energetica e petrolifera italiana 2010 > 2025” marzo 2010
http://www.lavoce.info/articoli/pagina1001862.html