Con la sentenza n. 16235, la Corte di Cassazione ha stabilito che gli studi di settore e i coefficienti presuntivi hanno prevalenza sul criterio di cassa. Tale principio è l’esito del ricorso posto in essere dall’amministrazione finanziaria contro un architetto, i quale, avverso un accertamento basato sui coefficienti presuntivi, aveva contrapposto il criterio di cassa. La Sezione Tributaria civile, investita della questione, rilevando che la Commissione Tributari regionale non si è adeguata ai principi della Corte stessa, ha in proposito precisato che “la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sé considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli “standards” o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello “standard” prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente”.
Luisa Foti
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