Il commento/ La cattiva politica sceglierà il successore di Alessandro Profumo

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E’ indubbio che la fuoriuscita di Alessandro Profumo da Unicredit sia un punto di svolta per il primo istituto bancario nazionale. Profumo da tempo era in affanno. Complice una crisi finanziaria devastante, la sua notoria brillantezza manageriale ne era uscita alquanto a pezzi. E quando il manager è indebolito altri poteri si fanno strada. Unicredit formalmente privatizzata è in effetti tuttora ostaggio, per il tramite di quelle entità curiose che sono le Fondazioni, della politica. Indebolito Profumo, la politica, quella dominante nelle Fondazioni del Nord ossia la Lega ha preso il sopravvento. La Lega movimento di popolo, ha sempre avuto però, un debole per la finanza dei ricchi. L’ingarbugliata storia del CreditEuroNord di qualche anno fa ce lo ricorda. E Unicredit per il tramite della Fondazione di Verona era un boccone fin troppo appetibile per gli uomini di Bossi. Profumo non sapendo come arginare tanta baldanza e virulenza ha firmato il proprio suicidio rivolgendosi ai libici di Gheddafi. Forse pensando di avere il placet di Berlusconi e del governo. Forse ricordando quanto aveva già fatto Gianni Agnelli con Lafico. Ma consegnare la prima banca italiana al colonnello di Tripoli era un boccone troppo indigesto per chiunque. Da qui le sue poco volontarie dimissioni. Il punto è che per Unicredit si apre oggi un vuoto di prospettiva importante, in un periodo in cui le banche sono chiamate a restaurare la loro immagine piuttosto appannata. Quello che fa paura è che sarà questa politica a scegliere il nuovo capo di Unicredit. Una politica oggi in Italia per lo più priva di progetti ma per lo più assetata di posti da occupare, di soldi, di potere finalizzato all’arrichimento per sé e per le proprie famiglie. Voi comprereste una macchina usata da questa gente? Noi no. E tantomeno gli metteremmo in mano la prima Banca italiana.

Pietro Colagiovanni