Errato attribuire incertezza al processo verbale degli ispettori. La dimostrazione di regolarità spetta al datore
E’ legittimo l’avviso di irrogazione di sanzioni con il quale il rapporto di lavoro irregolare si presume, in mancanza di prova contraria, decorrente dal 1° gennaio dell’anno nel quale è stata contestata la violazione.
E’ questo il principio affermato dalla Cassazione con l’ordinanza n. 19209 dell’8 settembre. La Suprema corte, accogliendo il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ha riconosciuto la legittimità dell’operato dell’ufficio finanziario che, sulla base del processo verbale redatto dagli ispettori, aveva irrogato le sanzioni amministrative per l’utilizzo di lavoratori irregolari non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, presumendo l’esistenza del rapporto dal 1° gennaio dell’anno nel quale era stata contestata la violazione.
A tal proposito, va ricordato che, a decorrere dal 12 agosto 2006, il compito di contestare l’infrazione e di irrogare la sanzione è attribuito alla direzione provinciale del Lavoro (articolo 3, Dl 12/2002.)
La vicenda
Con la sentenza della Commissione tributaria regionale, l’avviso di irrogazione sanzioni per lavoro irregolare era ritenuto privo di motivazione, non integrato dall’atto di riferimento e non preceduto da verbale di constatazione dell’illecito, con lesione del diritto di difesa dell’incolpato.
Nel merito, i giudici ritenevano che il processo verbale degli ispettori previdenziali era privo di certezza e definitività, in quanto non sostenuto da prove inconfutabili di un presunto rapporto di lavoro irregolare.
Sulla vicenda era intervenuta la giurisdizione tributaria in quanto, al momento della pronuncia, nonostante la sentenza della Consulta, la n. 130/2008, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 1, del Dlgs 546/1992, nella parte in cui attribuiva alle commissioni tributarie la competenza sulle controversie relative alle sanzioni comunque irrogate da uffici finanziari, anche ove esse conseguano alla violazione di norme non aventi natura tributaria, si era già formato il giudicato in merito alla giurisdizione. Questo perché la pronuncia, non essendo stata impugnata sul punto, non si poteva sollevare su tale motivo, per la prima volta, in sede di legittimità.
Le motivazioni della Cassazione
Con l’ordinanza in commento, i giudici di legittimità hanno cassato la decisione di secondo grado, ritenendo motivato l’atto irrogativo che faceva rinvio al verbale di contestazione portato precedentemente a conoscenza del trasgressore. Ciò conformemente al consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità, secondo cui il contenuto dell’obbligo di motivare l’atto va individuato in funzione dello scopo della motivazione stessa, che è quello di consentire all’ingiunto la tutela dei suoi diritti mediante l’opposizione. Detto obbligo deve considerarsi soddisfatto quando dall’ingiunzione risulti la violazione addebitata, in modo che l’ingiunto possa far valere le sue ragioni. Con la conseguenza che è ammissibile la motivazione “per relationem” mediante il richiamo di altri atti del procedimento amministrativo e, in particolare, del verbale di accertamento, già noto – come nella specie – al trasgressore, in virtù della obbligatoria preventiva contestazione (cfr Cassazione, sentenze nn. 20189/2008, 10757/2008, 871/2007 e 8649/2006)
Sotto altro profilo, la Suprema corte ha ribadito che è legittimo presumere, in mancanza di prova contraria da parte del datore di lavoro, che il rapporto di lavoro irregolare decorre dal 1° gennaio dell’anno nel quale è stata contestata la violazione.
In proposito, la Cassazione richiama la sentenza n. 144/2005, con la quale la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 3, comma 3, del Dl 12/2002, nella parte in cui non prevede la possibilità, per il datore di lavoro, di fornire la prova che il rapporto di lavoro irregolare ha avuto inizio successivamente al 1° gennaio dell’anno nel quale è stata elevata contestazione della violazione.
Ne discende – precisa la Suprema corte – che l’onere di provare la decorrenza del rapporto grava sul datore di lavoro, presumendosi in difetto di prova che il rapporto decorra dal 1° gennaio (e non dal giorno stesso dell’accertamento), cosicché incorre nel lamentato vizio la sentenza che, nonostante la mancanza di prova da parte dell’incolpato, annulli l’atto di irrogazione delle sanzioni, ritenendo impropriamente non provata la contestazione in questione.
Antonino Iacono