Banche: Fondazione Rosselli, in futuro meno dividendi e tensioni in assetti azionari.

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Sulla «robustezza del sistema bancario italiano» nel corso della crisi economica ha giocato un ruolo importante la «stabilità dell’assetto della proprietà» degli istituti di credito. Ma in futuro potrebbero esserci delle tensioni negli assetti di controllo legate all’inevitabile calo dei dividendi e gli azionisti, in primis le fondazioni, saranno così chiamati a scegliere come comportarsi di fronte al calo di redditività. È quanto è stato spiegato in occasione della presentazione del quindicesimo rapporto della Fondazione Rosselli sul sistema finanziario italiano, curato dal professore della Bocconi, Donato Masciandaro, e dal presidente della fondazione Politecnico di Milano, Giampio Bracchi, che hanno anche illustrato le conclusioni del rapporto. Il sistema bancario italiano «ha retto la prova della crisi finanziaria» meglio che altrove, grazie al modello di «banca territoriale commerciale» diffuso nel nostro Paese, che ha contribuito anche ad evitare fenomeni «di razionamento del credito». I soci le hanno supportato anche perchè «negli ultimi dieci anni hanno erogato ai propri azionisti circa 90 miliardi di euro», tre volte quanto raccolto con aumenti di capitale. Rendimenti destinati a ridursi drasticamente «con possibili effetti – viene sottolineato – sulla fisionomia dell’assetto della proprietà».
«Lo Stato non è entrato nel capitale delle banche, la compagine azionaria è stata stabile, non ci sono stati fallimenti e le banche non hanno fatto mancare il credito alle famiglie e alle imprese», ha sottolineato Bracchi lodando la tenuta del sistema italiano. Merito del nostro modello di «banca commerciale territoriale» poco incline alla finanza e con un rapporto più stretto con il cliente. Non a caso, sintetizza il rapporto (intitolato ‘Le banche italiane sono speciali?’), «il rallentamento dei flussi creditizi è stato minore di quello registrato dalle principali grandezze economiche» e migliore che nel resto dell’Eurozona. L’eredità della crisi è però pesante, con «sofferenze lorde raddoppiate da 37 a 70 miliardi di euro in 2 anni», e le regole di Basilea III che «richiederanno di mettere fieno in cascina». «Si pongono – aggiunge Bracchi – domande sulla redditività futura delle banche». E queste domande, continua Masciandaro, interrogano gli azionisti. In passato, emerge dal rapporto, le banche italiane «hanno ben remunerato» i soci e questo le ha aiutate «a raccogliere finanziamenti sul mercato, anche nelle fasi più delicate della crisi». «Nel futuro questa situazione non si ripeterà – aggiunge il professore -. Siamo abituati ad azioni sicure e ben remunerate, avere entrambe le cose insieme non sarà più possibile» senza gli eccessi di leva e finanza pre-crisi. «Le banche dovranno essere considerate come delle utilities, azioni sicure ma che rendono il giusto. Quanti azionisti capiranno questo?». Per questo sono «attese tensioni» negli assetti azionari, «anche se non è detto che saranno necessariamente negative». «Unicredit – ha aggiunto – è solo il primo esempio». Ma nel caso in cui gli azionisti cercheranno di condizionare la banca per interessi particolaristici o, peggio, politici, Masciandaro si attende «la punizione» del mercato. «Se si hanno cattivi azionisti è un problema dell’azienda, perchè viene penalizzata sul mercato e in borsa. In presenza di frizioni violente il titolo ne soffre». Un pò come è successo a Unicredit dove «non è ancora chiaro perchè il management è stato cambiato, tra l’altro con una tempistica non felice». Per Masciandaro «la grande sfida futura del sistema è quella dell’efficienza». In presenza di «rendimenti attesi tendenzialmente bassi» bisognerà agire «sulla leva dei costi», e «probabilmente» procedere a «processi di ristrutturazione» puntando con più decisione sul rinnovamento tecnologico «in passato evitato per i suoi costi in termini di personale»
Fonte: Ansa