Cento milioni di euro. Questa è la cifra che il quotidiano “La Stampa” (2 ottobre) ha calcolato come “giro” della corruzione nella sanità italiana. Sono soldi che riguardano secondo la Corte dei conti le fatture fraudolente, il mancato completamento di strutture e il mancato uso di macchinari, costruite e comprati per fare qualche favore a qualcuno, le spese per corsi di formazione mai tenuti, la gestione irregolare delle case di cura convenzionate, le ingiustificate prescrizioni dei farmaci. Tanti soldi, poca trasparenza, controlli scarsi, troppi interessi politici e clientelari.
Pochi giorni fa l’ennesimo scandalo, quello di Firenze che ha portato a 6 arresti domiciliari, l’interdizione di 13 manager, 30 persone indagate. Si presume che ci sia stata una gestione illecita e gonfiata, accompagnata da lauti compensi e presunte tangenti, delle prescrizioni farmaceutiche di farmaci biologici per 800 malati di psoriasi. Pare che a denunciare la cosa siano stati gli stessi pazienti, a cui venivano prescritti farmaci in abbondanza, spesso sostituiti con altri in corso d’opera, senza che queste cure portassero particolare giovamento per la loro patologia. C’è da dire che almeno qualche passo in avanti è stato fatto rispetto al passato: con i soldi incassati non si compravano pellicce ed automobili, ma si finanziavano congressi, borse di studio, contratti a progetto. Ho letto che il principale indagato, il dermatologo professor Torello Lotti, si è giustificato proprio così: i soldi servivano per cose nobili e non ignobili. Che l’uso sia stato così nobile è tutto da dimostrare, così come è da dimostrare la colpevolezza degli indagati . Certo è che, anche nella migliore delle ipotesi, il fine non giustifica i mezzi. Se i soldi sono sporchi, restano tali anche se usati per fini apparentemente leciti. Senza contare i danni che truffe di questo genere portano al Servizio Sanitario Nazionale.
E’ di questi giorni la notizia che in Campania sono stati raddoppiati i ticket e che ci si appresta a tagliare, tagliare sempre di più. Non è molto piacevole per il malato cronico napoletano, che già si deve pagare i cibi aproteici per conto suo, leggere queste notizie. Lui paga, soffre, si sacrifica. Altri si ingrassano, lucrano, delinquono.
Come uscire da tutto questo? Un primo livello riguarda la deontologia e le sanzioni per chi non si comporta bene: a fronte di tanti medici onesti e anche di tanti comportamenti corretti da parte delle aziende farmaceutici, ci sono i furbi, c’è chi si è dimenticato che cosa significa fare il medico o che cosa vuol dire piazzare onestamente un prodotto di qualità. Queste persone dovrebbero essere allontanate dalle professioni che esercitano e insieme a loro tutti i soggetti conniventi, che siano intere aree delle aziende colpevoli o colleghi o società di congressi o agenzie di formazione. Il problema è che spesso questo non avviene, non tanto nel privato dove basta licenziare, quanto nel pubblico e nelle professioni mediche, dove cavilli e protezioni corporative impediscono una seria opera di pulizia. In realtà si ha l’impressione che nemmeno al livello di aziende farmaceutiche si faccia ovunque la pulizia che si promette nei codici di condotta. Prova ne è il fatto che continuano ad uscire scandali, truffe e tangenti. Maggiore serietà e rigore non guasterebbero, anche per ridare un po’ più di fiducia ai cittadini.
In secondo luogo, servirebbe una giustizia che funzioni. E’ di questi giorni la notizia che il processo per la Farmatruffa di Bari del 2003 andrà in prescrizione. Quindi tutti a casa, corrotti e corruttori. Non è questo l’esempio che si dovrebbe dare agli italiani. Che senso ha denunciare, esporsi, lavorare per avere un paese più giusto, se poi la macchina giudiziaria è bloccata. Enormi costi per gli avvocati, le indagini, le perizie, e poi nulla: non sappiamo nemmeno chi era colpevole e chi non lo era. Ci auguriamo che il caso di Firenze non segua la stessa strada. Sarebbe un risultato troppo amaro e una sconfitta per chi crede che sapere almeno la verità sia un valore per un paese civile. A tal proposito, salutiamo favorevolmente l’inchiesta partita negli USA su presunti pagamenti di tangenti in diversi Paesi per favorire operazioni commerciali. Attendiamo l’esito i queste inchieste per poter mettere almeno dei primi punti fermi, e assumere le relative decisioni.
In ultimo, servirebbe una cosa molto semplice: il buongoverno, una qualità alta nel governare il servizio sanitario. Con alcuni ingredienti essenziali: l’autonomia dalla politica, l’ascolto delle esigenze dei cittadini ed un loro coinvolgimento attivo, la meritocrazia come criterio di selezione del personale, un regime dei controlli efficace senza le opacità che consentono ai furbi di agire indisturbati, la trasparenza su tutto e soprattutto sugli appalti e sui rapporti con le aziende e i privati, la rendicontazione e la valutazione dei risultati. In tutti i manuali e in tutte le leggi di riforma della pubblica amministrazione questi concetti sono spiegati, indicati, regolati. Basterebbe applicarli, non da qualche parte o per qualche tempo, ma ovunque e sempre.
Teresa Petrangolini
Segretario generale di Cittadinanzattiva