Sesso on-line e ragazze in web-cam in cambio di soldi: per la Cassazione è sfruttamento della prostituzione

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Un fenomeno in continua espansione il sesso in rete tramite web-cam. Un giro d’affari in vorticosa crescita in Italia come nel resto del mondo, ma la Corte di Cassazione con una decisione recente pone un argine, almeno dal punto di vista penale al sesso on-line a pagamento che vede coinvolte e sfruttate migliaia di donne in ogni luogo ed è per questo che Giovanni D’Agata, Componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” ritiene particolarmente significativo il pronunciamento in questione. Secondo la Suprema Corte è punibile per sfruttamento della prostituzione il soggetto reo di aver pagato per vedere prestazioni sessuali in videoconferenza così come chi offre il collegamento in rete ed i relativi. La Terza Sezione Penale della Cassazione, con la decisione in discussione ha, infatti, confermato la condanna inflitta dalla Corte d’Appello di Firenze nei confronti di un gestore di un nightclub, assieme alla sua segretaria e al responsabile della security. Gli imputati erano stati condannati per aver favorito e sfruttato la prostituzione attraverso questo tipo di esibizioni fatte nel locale da spogliarelliste ma avevano proposto ricorso contro il pronunciamento di merito argomentando che questo tipo di esibizioni non potevano rientrare nel reato di sfruttamento della prostituzione. Gli ermellini hanno motivato la decisione secondo il principio per cui le prestazioni sessuali eseguite in videoconferenza in modo da consentire al fruitore delle stesse di interagire in via diretta e immediata con chi esegue la prestazione, con la possibilità di richiedere il compimento di atti sessuali determinati, assumono il valore di atto di prostituzione e configurano il reato di sfruttamento della prostituzione. Si tratta di atti, dunque, che configurano il reato di sfruttamento della prostituzione a carico di coloro che abbiano reclutato gli esecutori delle prestazioni o ne abbiano consentito lo svolgimento creando i necessari collegamenti via Internet o ne abbiano tratto guadagno. Ma v’è di più. I giudici di piazza Cavour precisano che è da ritenersi irrilevante la circostanza che chi si prostituisce e il fruitore della prestazione si trovino in luoghi diversi, in quanto il collegamento in videoconferenza consente all’utente di interagire con chi si prostituisce in modo tale da poter richiedere a questi il compimento di atti sessuali che vengono immediatamente percepiti da chi ordina la prestazione sessuale a pagamento.