«Purtroppo agli inizi di settembre una serie sfortunata di coincidenze ha creato un equivoco su un’operazione», cioè su «un trasferimento da conto Ior a conto Ior, una semplice operazione di tesoreria. Quanto di più lontano da un sospetto di riciclaggio». Così parla Ettore Gotti Tedeschi, presidente dell’Istituto per le opere di religione, indagato per presunte omissioni legate alla normativa antiriciclaggio, in un’intervista che Panorama pubblica nel numero in edicola da domani. «Lo Stato italiano, la Banca d’Italia e la procura di Roma – dice Gotti Tedeschi – hanno fatto il loro dovere. Mi amareggia solo che l’infortunio sia avvenuto proprio mentre io e il direttore generale Paolo Cipriani, un professionista di esemplari capacità, siamo impegnati, con le autorità preposte, al conseguimento della massima trasparenza in ottemperanza a quanto disposto dalla Segreteria di Stato». «E comunque lo Ior non è una banca», aggiunge il presidente: «Definirlo così è un errore concettuale. Che fa una banca? Raccolta e impiego. Lo Ior non eroga crediti, non ha azionisti che attendono la remunerazione, non è quotato e non deve produrre a tutti i costi una redditività minima del capitale. Il suo risultato è il servizio che offre a diocesi, congregazioni ed enti religiosi». La Santa Sede, riconosce il banchiere, era rimasta fuori dagli accordi internazionali sulla trasparenza e contro il ricilaggio: «Ma ultimamente ci siamo resi conto che era prioritario superare questo ostacolo. Abbiamo incaricato la più grande società di revisione al mondo, Deloitte, di rivedere tutte le procedure; abbiamo lavorato con Bankitalia, in assoluta e totale cooperazione a tutti i livelli; abbiamo avviato contatti a Parigi con l’Ocse e con il Gruppo di azione finanziaria contro il riciclaggio di denaro. In pochi mesi s’è trovata un’intesa con cinque banche italiane».