Con i tassi fermi ancora per mesi e nessuna grande novità attesa sulla ‘exit strategy’, sarà la riforma del Patto di stabilità europeo a occupare gran parte del consiglio della Bce domani. Oltre, naturalmente, ai rinnovati timori per la tenuta di Irlanda e Grecia. Il presidente dell’Eurotower, Jean-Claude Trichet, ha anticipato che il prossimo ‘rendez-vous’ per il ritiro delle misure d’emergenza per sostenere il credito sarebbe stato il board di dicembre. Alla riunione di domani, piuttosto, terranno banco argomenti ‘politicì. Trichet, così come altri esponenti di rilievo dell’Eurotower, nelle scorse settimane non ha nascosto che avrebbe voluto una riforma del Patto di stabilità con sanzioni ‘quasi-automatichè per i Paesi che violano i parametri di contabilità pubblica, a partire dal 3% del rapporto deficit/Pil. Agli occhi della Bce la discrezionalità politica sulle sanzioni, sancita dall’asse franco-tedesco e dal consiglio Ue, non è la miglior garanzia contro nuove crisi. Per non parlare dell’introduzione nei trattati, chiesta da Berlino, di una ristrutturazione pilotata del debito sovrano per far pagare anche gli investitori e non solo i contribuenti: ipotesi criticata apertamente da Lorenzo Bini Smaghi, membro del comitato esecutivo. La scorsa settimana Trichet aveva previsto che la strada presa sarebbe stata accolta con un balzo dei costi di finanziamento. Gli ‘spread’ irlandesi, ieri a nuovi record, gli hanno dato ragione. E non si esclude che domani il banchiere francese voglia rispondere al presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker, che chiede alla Bce di parlare con una voce sola. E poi, ad aggiungere zizzania, c’è la distanza sempre più ampia con il consigliere tedesco Axel Weber: la sua posizione – ha detto Trichet in un’intervista a ‘La Stampà – non è quella del consiglio Bce.
di Domenico Conti