G20: chiuso il vertice, compromessi al ribasso senza rotture. Berlusoni punta alla lotta alla speculazione

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Riprendendo l’impostazione emersa nel precedente summit del giugno scorso a Toronto, l’attenzione del G20 sembra pertanto essere quella di capire come impedire il ripetersi di crisi come quella del 2008. Non a caso, come ha spiegato il governatore di Bankitalia, Mario Draghi, che è anche presidente del Financial Stability Board, «la parte finanziaria è l’area dove c’è stato maggior progresso nei mesi passati: il G20 ha affrontato dei temi molto complicati come quello degli squilibri globali. Il fatto che non si siano ancora visti risultati non significa che questi risultati non verranno». Si tratta, ha concluso Draghi, di «un percorso su una materia straordinariamente difficile, ma vitale per l’economia mondiale». In questo processo una nuova responsabilità graverà sulle organizzazioni internazionali, come il Fondo Monetario Internazionale, alle quali viene chiesto di definire «linee guida indicative» per identificare gli squilibri da correggere. Un compito che, secondo il direttore generale dell’Fmi Dominique Strauss-Kahn, sarà possibile grazie all’aggiornamento del mandato e degli strumenti di controllo del Fondo. In particolare, ha aggiunto, l’Fmi cercherà di definire «il quadro globale» degli interventi «necessari per affrontare gli choc di natura sistemica». Ma è un processo lungo. Tanto da spingere Nicolas Sarkozy, padrone di casa del prossimo meeting, che terrà a Cannes nel novembre 2011, a mettere le mani avanti: «Sul tavolo c’è molto, non si può fare tutto in un anno». Ma, al di là dei comunicati e delle prese di posizione, l’immagine che il G20 di Seul si lascerà dietro è, ancora una volta, legata a Barack Obama: incapace di ‘piegarè la resistenza dei cinesi sul cambio dello yuan, non è riuscito neppure a spingere l’alleato coreano a firmare un accordo di libero scambio. Un risultato quest’ultimo – ha osservato il ‘Washington Post’ – che «rivela nettamente i limiti della sua influenza oltreoceano, dopo le devastanti elezioni di midterm» in cui «davanti a un mercato del lavoro agonizzante, gli elettori hanno voltato le spalle al Partito Democratico». Insomma, ha infierito il quotidiano di Washington, «un presidente indebolito politicamente non è riuscito a portare a casa un accordo che avrebbe avuto importanti effetti sull’economia Usa». Un presidente in cui sembra specchiarsi un’America che – suo malgrado – torna da Seul più ‘piccolà di quando era partita. Intanto, il presidente cinese Hu Jintao ha presentato al G20 un piano in quattro punti per realizzare una crescita solida, sostenibile e bilanciata a livello globale. Il programma, riferisce l’agenzia Nuova Cina, punta al miglioramento della crescita complessiva attraverso il libero commercio, la promozione di politiche di sviluppo coordinate, la riforma del sistema finanziario e la riduzione degli squilibri sul fronte dello sviluppo. Tra gli argomenti trattati non poteva non rientrare anche il caso della situazione finanziaria irlandese. «Nessun contatto nelle ultime settimane con l’Irlanda». Lo ha detto il direttore del Fondo monetario internazionale (FMI), Dominique Strauss-Kahn, ricordando che «conosciamo tutti il problema dell’Irlanda, abbiamo visto tutti la reazione dei mercati». Nel pomeriggio, i ministri delle Finanze di cinque paesi europei (Germania, Francia, Regno Unito, Italia e Spagna) hanno approvato e diffuso una dichiarazione congiunta, riaffermando l’ esistenza di una rete di protezione, per provare a ripristinare la fiducia dei mercati, preoccupati per la situazione politica e finanziaria dell’Irlanda che ha fatto salire gli spread dei titoli di Stato in diversi Paesi di Eurolandia. Per quanto riguarda l’Italia, in base a quanto dichiarato dal Premier, l’attenzione andrebbe puntata sulla lotta alla speculazione. «Le attività speculative – ha detto Berlusconi – minacciano la crescita globale e producono un forte impatto negativo sulla vita delle persone. Le materie prime alimentari – ha proseguito – dall’inizio di giugno sono aumentate del 56 per cento. Le materie prime industriali sono aumentate del 27 per cento». «Negli ultimi 10 anni si è assistito ad un massiccio ingresso di operatori finanziari sul mercato delle materie prime», ha sottolinea il premier. «Nel mercato dei futures petroliferi il numero di contratti si è triplicato ed è scesa dal 75 al 54% la quota di tali contratti riconducibile agli operatori commerciali, teoricamente non animati da intenti speculativi». Ecco perchè, ha proseguito, l’introduzione di regole «comuni» costituisce una «priorità». «Ripeto – ha ribadito – la lotta contro la speculazione richiede una regolamentazione di questi mercati ancora non regolati. I leader dovrebbero almeno affermare il loro impegno a definire linee guida per la redazione di regole comuni, con l’obiettivo di avere mercati regolamentati trasparenti e che non offrano scappatoie agli speculatori nel settore delle materie prime dell’energia». «Ritengo quindi – ha concluso Berlusconi – che dovremmo dare pieno mandato allo Iosco (Organizzazione Internazionale delle Autorità di controllo dei mercati finanziari, ndr), di definire, insieme agli altri soggetti nazionali e internazionali, le necessarie regole comuni per questi mercati da presentarci per l’approvazione al prossimo vertice sotto presidenza francese».