Sicurezza. L’azienda sostenibile? Si può: ecco dieci casi di successo

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7 dicembre 2010. Un saggio di Aldo Canonici analizza le strategie di alcune grandi realtà industriali europee all’avanguardia per quanto riguarda la salute dei lavoratori e la cura dell’ambiente. Dimostrando come ogni euro investito in prevenzione non è un costo, ma un investimento dal grande significato civile in grado di garantire anche profitto.

“Non c’è alcun dubbio che sia questa la vera lezione da apprendere e diffondere: fare business in modo responsabile e attento alla prevenzione e alla salute degli individui per ricavare il massimo valore aggiunto dalle attività dell’impresa”. Chi parla è Umberto Tossini, direttore Risorse umane e organizzazione della Lamborghini. Azienda di successo che produce macchine di lusso, certo. Ma un’azienda che persegue la ricerca d’eccellenza non solo nella realizzazione dei suoi motori celebri in tutto il mondo, ma anche nella creazione di un ambiente di lavoro “salubre e piacevole” (sempre parole di Tossini). E che, per riuscirci, solo nella programmazione di medio periodo, ha investito cinque milioni di euro.
L’intervista al manager della Lamborghini rappresenta l’introduzione dei dieci casi di imprese europee “modello” di prevenzione che Aldo Canonici – oggi management consultant nell’area della comunicazione e della formazione manageriale, dopo un lungo trascorso in aziende di grandi dimensioni nel settore delle risorse umane – ha studiato e analizzato nel volume “L’azienda sostenibile”, recentemente edito da Franco Angeli. La lista selezionata dall’autore comprende, così, Air Liquide Welding, Ducati, Enel, Eni, Finmeccanica, Glaxo Smith Kline, Kone, Philips, Sca e Telecom Italia: dieci grande realtà industriali del Vecchio Continente che hanno fatto della sicurezza sul lavoro, attraverso strategie e modalità d’intervento diverse, un punto di valore della propria organizzazione produttiva. A loro Canonici si è rivolto per dimostrare come l’equilibrio tra profitto e responsabilità sociale non solo sia doveroso, ma anche conveniente. Un equilibrio perfettamente espresso dal motto adottato dalla Ducati – “Nessun lavoro è così importante da far trascurare la sicurezza” -, talmente “essenziale” da affermarsi come paradigma di un prototipo nuovo di “fare industria”.
In una società, infatti, sempre più orientata ad annullare e superare ruoli e luoghi tradizionali – dove l’operaio “classico” è una figura ormai vetusta, le responsabilità del management si differenziano e qualificano sempre di più e gli spazi dove perseguire la sicurezza sul lavoro “escono” più che mai dai confini ristretti della fabbrica per coinvolgere ambiti nuovi, a cominciare dalla scuola – ecco che l’analisi di Canonici, proprio perché solidamente strutturata nel “fare”, nell’agito, nella pratica dell’intervento realizzato, evidenzia con lampante certezza come l’assioma della Ducati sia una strada tranquillamente perseguibile. E, al contempo, rivela come la possibilità per un’azienda di diventare “sostenibile” rappresenti anche un forte elemento di vantaggio competitivo sul mercato, e dunque sia motore di profitto. Da questo punto di vista non stupisce la convergenza tra il pensiero dell’autore e quello dell’INAIL, là dove viene affermato con forza che ogni centesimo investito in sicurezza non rappresenta un costo per l’impresa, bensì un investimento.
Articolato in uno stile chiaro e diretto, e correlato di numerose tabelle esplicative, il saggio di Canonici, infine, ha il pregio ulteriore di sfatare l’ormai fastidioso pregiudizio dell’Italia “maglia nera” sugli incidenti sul lavoro (come lo stesso presidente dell’INAIL, Marco Fabio Sartori, ha sostenuto già a partire dal 2008, in occasione della presentazione del Rapporto sull’andamento infortunistico), rivelando che – nello specifico della grande industria – in materia di prevenzione il nostro paese può vantare un solido livello d’eccellenza.