Codice stradale: il giudice ha il potere di determinare la sanzione pecuniaria

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Il giudice dell’opposizione al verbale di accertamento di infrazione al codice della strada ha il potere di determinare, anche in assenza di una richiesta in tal senso della Pubblica Amministrazione, l’importo della sanzione pecuniaria da infliggersi al trasgressore (o al responsabile in solido), entro la misura compresa tra il minimo ed il massimo edittale, secondo il suo libero convincimento.

Lo hanno stabilito le Sezioni Unite Civili della Cassazione nella sentenza n. 25304 depositata il 15 dicembre scorso.

Affermano le Sezioni Unite che la questione sottoposto al sindacato di legittimità é nuova. I giudici sottolineano che la giurisprudenza della Cassazione ha in passato affermato che, anche in caso di reiezione dell’opposizione relativamente alla legittimità del provvedimento impugnato, il giudice é legittimato a determinare, in senso migliorativo per l’opponente, la misura della sanzione, recependo al riguardo le considerazioni svolte dall’interessato, anche nell’ipotesi in cui la P.A. sia tenuta per legge, a determinare la sanzione con un limite non inferiore ad una data sogla (Cass. 12748/1999, n. 5070/2000).

Si é anche ritenuto (Cass. 18811/2003) che il giudice investito della congruità della sanzione non é propriamente chiamato a controllare la motivazione dell’atto sul punto, ma a determinare la sanzione stessa applicando direttamente i criteri di cui all’art. 11 della L. 689/1981, ma pur sempre in accoglimento della corrispondente domanda dell’opponente (Cass. 21486/2004).

Il compelsso dei principi ricavabili dal ricordato excursurs giurisprudenziale – affermano le Sezioni Unite – non può però trasferirsi puramente e semplicemente all’ipotesi di opposizione a verbale: infatti, nello stesso non é determinata alcuna sanzione, ma é ricordato piuttosto un meccanismo di terminazione sx lege nel caso che il trasgressore opti per l’oblazione e nel caso in cui lo stesso non proponga ricorso nei termini (e non provveda al pagamento in misura ridotta).

Il giudice, quindi, in caso di mancata effettuazione del ricorso, può decidere l’entità della sanzione in tutto il suo intervallo edittale disponendo dei criteri di cui all’art. 195, secondo comma C.d.s.; egli quindi determina, applica ed infligge la sanzione amministrativa pecuniaria.

La Cassazione ricorda anche che essa stessa quando ha respinto ricorsi avverso l’opposizione a verbale non si é mai avvalsa, pur non avendovi provveduto il giudice di merito, in applicazione dell’art. 384 cpc, del potere di determinazione della sanzione, né ha mai rimesso gli atti a tal fine all’Autorità Amministrativa.

Escluso che tanto possa essere ascrtto alla ritenuta incostituzionalità della norma che, per la proposizione dell’opposizione, prevedeva il versamento di previa cauzione (Corte Cost. n. 114/2004) atteso che il collegamento tra il potere del giudice di fissare l’entità della sanzione era collegato alla previsione della cauzione solo per profili procedimentali di dettaglio, deve concludersi – si legge nella sentenza – nel senso che i commi 5 e 6 dell’art. 23 della L. 689/81 costituiscono la base normativa del potere del giudice di quantificare una sanzione pecuniaria anche in misura superiore alla terza parte del massimo della sanzione pecuniaria, ovvero, se più favorevole, al doppio del minimo (massimo previsto in caso di mancata proposizione del ricorso), atteso che é espressamente richiamato dalla legge (v. il citato art. 7) il libero convincimento del giudice stesso, cosa che risulterebbe priva di significato ove dovesse ritenersi sussistente un appiattimento sul minimo edittale.

Una sia pur indiretta conferma di tale tesi, prosegue la Corte, può trarsi dall’ordinanza n. 23/2009 della Corte Cstituzionale, ove si sottolinea “il ruolo non marginale rivestito ai fini della coerenza complessiva e della funzionalità del sistema di accertamento e repressione delle infrazioni stradali” della possibilità spettante al giudice di pace di terminare, anche in misura pari al minimo edittale, l’entità della sanzione pecuniaria irrogabile in caso di rigetto del ricorso.

A giudizio della Cassazione, la Corte Costituzionale con tale affermazione ha con ogni evidenza ritenuta la possibilità, per il giudicante, in base al suo libero convincimento, di determinare l’entità della sanzione pecuniaria in una misura compresa tra il minimo ed il massimo edittale, in quanto non si spiegherebbe, in caso contrario, il motivo per cui il libero convincimento del giudice potrebbe attuarsi solo in bonam partem.

Le Sezioni Unite, quindi, hanno formulato il principio di diritto secondo cui in caso di opposizione a verbale, il giudicante, in base al proprio convincimento, possa determinare la sanzione in misura compresa tra il minimo e il massimo edittale.

Quanto alla questione connessa alla necessità o meno di una richiesta della P.A. di applicazione della sanzione in misura superiore a quella prevista in caso di mancato ricorso, a giudizio della Cassazione il problema, che investe la tematica relativa al principio dispositivo che caratterizza il processo civile, non può che trovare soluzione nell’atteggiarsi del sistema derivante dall’applicazione della legge 689/81 al riguardo: la necessità di una epressa domanda relativa alla misura della sanzione, da parte della P.A. non può essere considerata coerente con la diversa posizione delle parti nel procedimento di opposizione: se infatti l’opponente deve affidare a motivi specifici (anche relativamente alla misura della sanzione) le sue doglianze, l’Amministrazione può limitarsi a ribadire la legittimità del suo operato.

Atteso che il richiamo al libero convincimento del giudice nella determinazione della sanzione comporta che, rigettata l’opposizione ed in assenza di una predeterminazione normativa, questi possa anche d’ufficio applicare la sanzione ritenuta congrua, ovviamente tra il minimo e il massimo edittale, deve quindi affermarsi che in caso di opposizione a verbale, il giudice può apllicare, anche d’ufficio, una sanzione superiore a quella prevista in caso di mancato ricorso, sempre secondo il suo libero convincimento e, ovviamente, nei limiti edittali.

Resoconto a cura di Marco Martini