“NO” ai matrimoni gay: lo ribadisce la Consulta che dà ragione al Comune di Ferrara

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L’ordinanza della Corte Costituzionale di oggi la n° 4/2011 ripropone il tema del riconoscimento e della tutela giuridica delle coppie omosessuali escludendo l’illegittimità delle norme del codice civile che impediscono di sposarsi a persone dello stesso sesso. Ne dà notizia Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”.
Secondo i giudici non è possibile celebrare matrimoni tra persone dello stesso sesso in quanto le leggi attualmente vigenti in Italia lo escludono.
L’illegittimità costituzionale è confermata da una serie di norme del codice civile che impediscono le nozze gay (gli articoli incriminati erano: 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143-bis, 156-bis e 231).
Ha fatto bene, insomma, l’ufficiale dello Stato civile del Comune di Ferrara a rifiutarsi di procedere alla pubblicazione di matrimonio richiesta dalle parti private.
La Consulta conferma la linea affermata nella sentenza 138/10 e nell’ordinanza 276/10. Ritenendo suprefluo sollevare la questione di legittimità con riferimento ai parametri individuati negli articoli 3 e 29 della Costituzione: rispetto al principio di eguaglianza l’Alta corte osserva che le unioni omosessuali non possono essere ritenute omogenee al matrimonio; l’articolo 29, poi, si riferisce alla nozione di matrimonio definita dal codice civile come unione tra persone di sesso diverso e questo significato del precetto costituzionale non può essere superato per via ermeneutica.
Nel promuovere il giudizio di legittimità il Tribunale rimettente sottolinea il rapido cambiamento dei costumi sociali avvenuto negli ultimi anni e l’affermarsi, accanto alle unioni tradizionali, di altre forme di convivenza che – seppure minoritarie – aspirano comunque a una tutela; una protezione che, tuttavia, l’ordinamento giuridico al momento non consente: la Consulta ribadisce l’interpretazione dell’articolo 29 della Costituzione secondo cui «la diversità di sesso è elemento essenziale nel nostro ordinamento per poter qualificare l’istituto del matrimonio».
La Consulta interviene su di un tema delicato sul quale senza alcun dubbio occorre un intervento improcrastinabile del legislatore che sappia cogliere l’evoluzione della società italiana.