Solo un lavoratore su 4 è iscritto al fondo pensione

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Solo un lavoratore italiano su 4 è iscritto ad un fondo pensione. Dei 21,5 milioni di lavoratori autonomi e dipendenti presenti in Italia (questo dato non include i lavoratori del pubblico impiego), solo poco più di 5 milioni (precisamente 5.055.228, pari al 23,4% del totale) hanno aderito ad una forma pensionistica complementare. Gli altri 16,5 milioni di occupati (pari al 76,6% del totale) non lo hanno ancora fatto. E’ questo il primo responso emerso da una elaborazione realizzata dalla CGIA di Mestre sul mondo della previdenza complementare. Una realtà nata da pochi anni ( ) per integrare il sistema pensionistico obbligatorio che, a quanto pare, non ha ancora riscosso molto successo tra i lavoratori italiani. Questi ultimi, infatti, sembrano essere più propensi a mantenere il loro Tfr (Trattamento di fine rapporto) accantonato in azienda, anziché investirlo in un fondo pensione.

Una decisione che sembra avergli dato ragione, visto quanto è successo in questi ultimi due anni di grave crisi che ha colpito i mercati finanziari di tutto il mondo: “Quei lavoratori dipendenti che hanno lasciato il Tfr in azienda – esordisce Giuseppe Bortolussi curatore dell’elaborazione – hanno ottenuto un rendimento del +4,7%. Coloro che si sono iscritti a un fondo negoziale hanno ottenuto, invece, solo il +1,7%. Molto peggio è andata a chi ha investito il proprio Tfr nei fondi pensione aperti; il tasso è stato addirittura negativo. Certo, dare un giudizio di merito su questi dati è troppo prematuro – prosegue Bortolussi – una valutazione più puntuale potrà essere fatta quando si ragionerà su risultati riferiti a periodi di tempo medio lunghi”.

Dalla CGIA fanno notare che il Tfr annuo maturato dai lavoratori dipendenti italiani è di oltre i 20 mld di euro. Nel 2009, 5,1 mld di euro sono stati destinati alle forme pensionistiche complementari, altri 5,9 mld di euro sono finiti nel Fondo di tesoreria presso l’Inps , mentre 12,7 mld di euro, cifra comprensiva della componente di rivalutazione dello stock accumulato, sono stati accantonati presso le imprese.

A livello territoriale, sono le regioni del Nord ha registrare il tasso di adesione più elevato alle forme pensionistiche complementari. A guidare la classifica è il Trentino Altro Adige, con il 33,2%, seguono la Lombardia, con il 28,2% e al terzo posto la Valle d’Aosta, con il 27,9%. Fanalino di coda di questa particolare graduatoria è la Calabria, con una percentuale di iscritti sul totale dei lavoratori presenti nella Regione pari al 14,6.

Se, invece, si analizza l’andamento delle iscrizioni ai fondi ed ai Pip (Piani Individuali Pensionistici), si denota che il boom è avvenuto nel 2007. Infatti, l’allora Governo Prodi stabilì per legge che entro il 30 giugno 2007, i lavoratori assunti prima del 30 dicembre 2006 dovevano decidere se lasciare il Tfr in azienda o devolverlo ad un fondo pensione. Tra il 2006 e il 2007 si registrò una crescita del +43,2%, aumento che si stabilizzò sul +6,4%, tra il 2008 e il 2007 e scese al +4,2%, tra il 2009 e il 2008.

Infine, i fondi pensione più richiesti dai lavoratori italiani sono quelli negoziali (sono fondi istituiti sulla base di accordi tra le organizzazioni sindacali e quelli datoriali di settori specifici): poco più di 2 milioni di lavoratori (precisamente 2.040.150, pari al 40,3%) hanno fatto questa scelta. Seguono i nuovi Pip (l’adesione a questi fondi è individuale) con 893.547 adesioni (pari al 17,7% del totale) e i Fondi pensione aperti (riguardano la contrattazione collettiva ma sono creati e gestiti da banche assicurazioni, Sim, etc.) con un numero di iscritti pari a 820.385 (pari al 16,2% del totale). A seguire troviamo i Fondi pensione preesistenti e i vecchi Pip.