Si è tenuto nei giorni scorso a Torino la nuova udienza del processo alla multinazionale dell’acciaio per il rogo che, nella notte del 6 dicembre 2007, provocò la morte di sette operai. Presentate le richieste di risarcimento dai sopravvissuti, definitivi dai loro avvocati “sconvolti come i reduci del Vietnam e dell’Iraq”.
Supera gli otto milioni di euro in totale la somma che i colleghi dei sette operai della Thyssen morti a Torino nel rogo del 2007 chiedono adesso come indennizzo alla multinazionale dell’acciaio. Ieri, alla ripresa del processo in Corte d’Assise, hanno preso parola i diversi avvocati di parte civile: i rappresentanti di Antonio Boccuzzi – l’unico sopravvissuto al rogo – dei sette uomini che provarono a fornire i primi soccorsi – definiti sconvolti “come i reduci del Vietnam e dell’Iraq” – e dei quaranta lavoratori che, per mesi, hanno operato nella fabbrica con loro nelle medesime condizioni di pericolo. “Dalla strage siamo usciti vivi, ma c’eravamo anche noi in quello stabilimento che era stato abbandonato a se stesso perché tanto doveva chiudere”, spiega Ciro Argentino, ex delegato sindacale. “E l’incidente, come ha dimostrato il processo, poteva capitare a chiunque e in qualsiasi momento”.
Per Boccuzzi, ora deputato Pd, l’avvocato Mario Bertolino ha chiesto 300mila euro di danno morale ed esistenziale, ricordando come il proprio assistito vide le fiamme esplodere fino a “diventare un’onda anomala” che trasformò i colleghi in torce umane: “E nei ventiquattro giorni successivi, ogni volta che qualcuno di loro spirava al termine di un’atroce agonia, ha rivissuto gli attimi della tragedia, sentendosi quasi in colpa per essere rimasto vivo”.
Le richieste più alte avanzate sono per i sette soccorritori: da un minimo di 230 mila a un massimo di 423 mila euro. Per loro lo choc fu davvero devastante: allucinazioni, attacchi di panico, insonnia, crisi provocate da semplici odori di cucina in grado di ricordare le carni bruciate. Tutti disturbi post-traumatici da stress, come ha spiegato una consulenza medica e, secondo l’avvocato Vittorio Rossini, “patologie simili a quelle dei soldati che tornavano dal Vietnam”. Per rievocare il clima di quel tragico evento nel tribunale, il legale ha fatto riascoltare la telefonata che l’operaio Piero Barbetta, 43 anni, all’una e 43 secondi del 6 dicembre 2007, con il suo cellulare, fece prima al 115 e poi al 118. Sei minuti e 54 secondi sconvolgenti. “Sentite le urla in sottofondo”, ha commentato Rossini, “Roba da girone dantesco”.
Sergio Bonetto, il legale degli altri quaranta lavoratori, ha proposto, infine, un risarcimento di 129mila euro ciascuno per il mancato rispetto delle norme di sicurezza. “A Torino gli operai hanno una tradizione di serietà e la nostra richiesta, quindi, è seria”. Tutti i quaranta assistiti, alla fine, si sono alzati e gli hanno stretto la mano.