Ha un’età media di 54 anni ed ha forti aspettative professionali. E’ scesa in campo da pochi anni ed è più presente nel meridione. Sempre più spesso si mette in gioco per scelta e non per necessità. Resiste più della media alle ‘intemperie’ del mercato mentre la sua dimensione ideale si conferma preferibilmente quella ‘micro’. E’ questo l’identikit della donna imprenditrice a capo di una delle 1,4 milioni di aziende ‘in rosa’ presenti in Italia che emerge dal 2° Rapporto Nazionale sull’Imprenditoria Femminile, realizzato da Unioncamere con la collaborazione del Ministero dello Sviluppo Economico e del Dipartimento per le Pari Opportunità, presentato a Roma.
Utilizzando i dati dell’Osservatorio realizzato da Unioncamere sulla base del Registro delle imprese delle Camere di commercio – il Rapporto analizza separatamente le dinamiche di sviluppo delle imprese al femminile con una ricognizione del periodo 2003-2008 e un approfondimento dei dodici mesi che vanno dal giugno 2009 al giugno 2010. Accanto ai dati, il Rapporto presenta anche i risultati di un’indagine campionaria sui comportamenti delle imprese rispetto all’accesso alle risorse per innovare e competere, e sui rapporti che esse intrattengono con i diversi soggetti territoriali: sistema bancario, mondo associativo, istituzioni, camere di commercio, sistemi scolastici e formativi, università e ricerca.
“Per rilanciare l’Italia – ha detto il Presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello – c’è un bisogno estremo di forze nuove e dinamiche, capaci di guardare la realtà con occhi diversi, più coraggiosi e determinati, come sono le imprenditrici che vengono fuori da questo rapporto. Le donne sono una risorsa che ancora non riusciamo a valorizzare come dovremmo e che, invece, può rivelarsi uno dei driver vincenti per il nostro sviluppo nei prossimi decenni. Un loro maggiore coinvolgimento nel mondo del lavoro è indispensabile al sistema-Paese e può e deve avvenire anche ampliando le possibilità di fare impresa, perché le donne hanno dimostrato di saperla fare e fare bene. In passato – ha aggiunto Dardanello – con le politiche di sostegno e incentivazione dell’imprenditoria è stato fatto molto, anche grazie al lavoro dei Comitati per l’imprenditoria femminile istituiti in ogni provincia presso le Camere di commercio. E’ tempo di rilanciare quell’impegno su frontiere nuove, con la sottoscrizione di un nuovo protocollo d’intesa tra Unioncamere e il Ministero dello Sviluppo Economico e il Dipartimento per le Pari Opportunità, per consentire a un numero sempre maggiore di donne di dare il loro contributo alla crescita del Paese. Creando condizioni più favorevoli a conciliare i tempi del lavoro e della famiglia, aumentando l’offerta di servizi di assistenza e consulenza, investendo sulla formazione all’imprenditorialità”.
Il bilancio 2009-2010: in crescita anche nei settori “maschili”
Osservando la dinamica delle imprese a confronto nel periodo più difficile della recente crisi e dei primi segni di ripresa – quello compreso tra giugno 2009 e giugno 2010 – il rapporto mette in evidenza come le imprese femminili si siano comportate in maniera nettamente migliore di quelle maschili. Nei dodici mesi analizzati, le prime sono infatti cresciute del 2,1% (pari ad un saldo di 29.040 unità) a fronte di una crescita negativa (-0,4%) di quelle maschili che hanno perso, nello stesso periodo, 17.072 unità.
Tra le imprese guidate da donne, i saldi maggiori si registrano nel Lazio (+6.638 unità), in Lombardia (5.310) e in Campania (3.248). Mentre, a livello settoriale, i progressi maggiori si registrano nelle attività dei servizi di alloggio e ristorazione (+4.346 il saldo del periodo), del commercio (+4.129) e delle costruzioni (+4.016). In termini relativi, l’impulso più forte alla crescita dell’imprenditoria rosa nell’ultimo anno è venuto dalla componente più innovativa, quella delle società di capitale, cresciute nei 12 mesi del 18%. In lieve riduzione, invece, la componente più tradizionale delle imprese individuali (-0,48%).
Imprese femminili, più strutturate e solide
A metà dello scorso anno, le imprese femminili erano 1.421.085, il 2,1% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Negli ultimi dodici mesi analizzati, il rapporto mostra come tra le donne che avviano una nuova attività, emerga, progressivamente, la preferenza per forme giuridiche “collettive” rispetto all’impresa individuale. Anche se quest’ultima rimane comunque la forma giuridica prevalente per donne e uomini. L’attività delle imprese in rosa si concentra prevalentemente nei servizi, in particolare quelli riferiti alla “sanità e assistenza sociale” dove quasi un’impresa su due, il 41%, è guidata da una donna. Ma sempre più le donne tendono ad occupare nuovi terreni, mettendosi alla prova in attività più orientate al mercato come i servizi alle imprese (dove il tasso di femminilizzazione ha raggiunto il 31,6% superando quello di un settore a tradizionale presenza femminile come l’agricoltura (29,2%).
Il territorio
In termini quantitativi, l’imprenditoria femminile è più concentrata nelle regioni del Meridione dove, al netto delle isole, alla fine di giugno del 2010 si registra un tasso di femminilizzazione del tessuto imprenditoriale del 26,1%. A quella data, nelle sei regioni continentali risiedevano 355.754 imprese, pari al 25% di tutto l’universo imprenditoriale femminile. Includendo Sicilia e Sardegna, questa quota sale addirittura al 36%, per un totale di 512.620 unità.
A pochissima distanza segue il Nord-Ovest, dove ha sede il 24,5% delle aziende guidate da donne (348.346 unità). Il Centro Italia si ferma al 21,5% del totale, mentre il Nord-Est appare la circoscrizione in cui la donna è meno rappresentata nell’universo imprenditoriale. Qui, infatti, è rosa solo il 17,9% di tutte le imprese.
Tra le regioni, quella che ospita il maggior numero assoluto di imprese femminili è la Lombardia, dove hanno sede 191.944 aziende con a capo una donna. Curiosamente, la regione è però ultima se si guarda al peso relativo delle aziende rosa sul totale: solo il 20%. In termini assoluti, la Lombardia è seguita dalla Campania (148.803 imprese), dal Lazio (140.225) e dal Piemonte (111.705). La palma di regione a più alto tasso di femminilizzazione delle imprese va al Molise, dove sono rosa il 30,2% delle aziende. Seguono la Basilicata (27,9%) e l’Abruzzo (27,7%).
Le forme giuridiche
Passando ad analizzare la forma giuridica delle imprese, i dati del I semestre 2010 confermano la numerosità delle ditte individuali femminili, pari al 60,7% del totale seguite dalle società di persone e dalle società di capitali con incidenze pari, rispettivamente, a 22,8% e 14,1%. In particolare, osservando la distribuzione territoriale delle diverse forme giuridiche, in Molise le ditte individuali femminili hanno un peso maggiore (80,2%), mentre Lazio e Lombardia sono le regioni con maggiore incidenza delle Società di Capitale, rispettivamente il 26,3% e il 20,1%. Le società di persone spiccano in Trentino Alto Adige (32%) e le cooperative in Sicilia (4,6%). Tuttavia, se si considera l’evoluzione del fenomeno durante i dodici mesi precedenti, si nota come la crescita maggiore si è registrata nelle società di capitali, con un incremento del 18%, seguite dalle “Altre forme”, i Consorzi e le Cooperative e, in misura più contenuta, dalle società di persone; le ditte individuali, invece, sono le uniche imprese a subire una contrazione (-0,5%). Questa tendenza dell’imprenditorialità femminile verso forme sempre più strutturate acquista ora una valenza ancor maggiore se si considera che si è realizzata nel pieno della crisi economica e finanziaria. Risultato che sembra indicare una crescente solidità organizzativa e patrimoniale che caratterizza almeno una parte dello sviluppo delle iniziative imprenditoriali condotte da donne.
I settori di attività
A livello nazionale, il Commercio (29,2%) e l’Agricoltura (17,8%) si mantengono ampiamente i settori a maggiore concentrazione, seguiti dai Servizi di alloggio e ristorazione (8,6%), dalle Attività manifatturiere (8,3%) e dalle Altre attività di servizi (7,6%). L’agricotlura negli ultimi dodici mesi è l’unico settore a segnare una perdita (-2,48%), mentre si sottolineano i positivi risultati di sanità (+7,24%) e istruzione (+5,12).
I principali risultati dell’indagine qualitativa
Per approfondire ulteriormente l’analisi del fenomeno imprese in rosa, nell’ambito del Rapporto è stata realizzata un’indagine campionaria, costruita in modo da avere uno spaccato di genere sui comportamenti delle imprese rispetto alle risorse di cui hanno bisogno per innovare e competere.
Secondo l’indagine, la donna imprenditrice ha ancora un livello di partecipazione al mondo imprenditoriale notevolmente al di sotto delle proprie potenzialità, anche se negli anni ha accresciuto una presenza che “promette” di occupare molti “spazi” attraverso nuove attività economiche, l’acquisto o subentro in quelle esistenti.
L’imprenditrice (così del resto anche l’imprenditore) utilizza poco i servizi di assistenza e consulenza, e manifesta un più forte bisogno di servizi a supporto della competitività, soprattutto per l’innovazione. Sente più degli uomini la complessità di gestire i tempi di lavoro, della famiglia.
Utilizza poco internet e i servizi on line, anche per accedere ai servizi della Pubblica Amministrazione.
Ha un rapporto con il denaro improntato sulla prudenza, e una gestione finanziaria dell’impresa molto cauta, limitando il ricorso a fonti esterne solo quando strettamente necessario; in questi casi preferisce rivolgersi alle banche locali. Percepisce di più la crisi economica ma la maggioranza reagisce con strategie di organizzazione e rilancio. Tra gli interventi pubblici a supporto dell’impresa ritiene prioritaria la riduzione delle tasse, maggiori finanziamenti pubblici, e la semplificazione amministrativa. Ha una vasta rete di conoscenze sul territorio e preferisce avere relazioni con le proprie colleghe, con le quali realizza anche progetti di interesse comune che vanno quasi tutti a buon fine.