Processi lumaca, super risarcimenti in un anno. Giustizia rischia il collasso

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La lentezza della Giustizia italiana è un problema che la politica sta cercando di affrontare da decenni senza purtroppo alcuna valida soluzione e a pagare il conto sono sempre i cittadini e quindi lo Stato che è costretto, dopo l’introduzione della legge 89/2001 meglio nota come “legge Pinto” , a dover indennizzare le vittime dei processi lumaca che spesso, anche dopo la sentenza che riconosce il diritto all’indennizzo, devono aspettare ancora altro tempo per intascare materialmente l’importo liquidato. L’aveva ricordato qualche giorno fa in un suo comunicato Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, in merito ad una recente sentenza del Consiglio di Stato sull’obbligo di provvedere all’equa riparazione entro sessanta giorni.
Oggi arriva la conferma di quanto avevamo riportato: sono, infatti, troppi i risarcimenti per la lentezza dei processi e quindi il comparto Giustizia è a rischio default. Nel solo 2008 l’importo che lo Stato italiano è stato condannato a pagare per risarcire le vittime dei processi-lumaca ammonta a circa 81 milioni di euro, di cui ben 36 milioni e mezzo «non risultano pagati malgrado l’esecutività del titolo». Il preoccupante grido d’allarme non viene da qualche istituto statistico, ma direttamente dal procuratore generale della Corte di Cassazione, Vitaliano Esposito, nella relazione per la cerimonia dell’apertura dell’anno giudiziario 2011.
«Lo Stato – secondo quanto dichiarato dal PG – preferisce pagare invece che risolvere la problematica dell’esorbitante durata dei processi ma, per di più, non è neppure in grado di adempiere a tali obblighi di pagamento. Cosa poco consona per un Paese che fa parte della elitaria cerchia del G20». «È oramai sotto gli occhi di tutti – prosegue Esposito – come la situazione quasi fallimentare della giustizia e dei suoi tempi si stia trasformando in una situazione che si può definire quasi di insolvenza per lo Stato». È noto, peraltro, che l’Italia risulti inadempiente rispetto ai principi del giusto-processo: «E ciò ha portato di recente la Corte di Strasburgo a parlare, senza mezzi termini, di defaillance dello Stato italiano, tale da minacciare perfino i meccanismi di applicazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali». Al 21 dicembre scorso la Corte europea dei diritti dell’uomo «ha constatato in 475 casi la violazione della convenzione europea da parte dello Stato italiano per i ritardi nella corresponsione dell’indennizzo liquidato dalle Corti d’appello».