“Pur nell’evoluzione del quadro complessivo, i Capi delle corti pongono in evidenza soprattutto difficoltà d’ordine strutturale connesse: al crescente aumento della domanda di giustizia penale, non bilanciata da qualche segnale di rallentamento della domanda di giustizia civile di primo grado; all’anacronistica distribuzione geografica degli uffici giudiziari; alla carenza di strutture e risorse, che impedisce in molti uffici l’attività d’udienza pomeridiana; alle difficoltà e alla lentezza che patisce il processo d’informatizzazione; alla scopertura di organici; alla progressiva diminuzione di personale amministrativo e tecnico”. Senza mezzi termini e giri di parole il Primo Presidente della Corte Costituzionale, Ernesto Lupo, snocciola i mali della giustizia Italiana e lo fa in occasione della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario 2011.
Diverse le parole, simili le doglianze anche nel discorso del Procuratore di Giuseppe Pignatone. “L’Ufficio (ndr – Procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria) soffre in misura notevole della mancata copertura dei posti in organico di Sostituto Procuratore nonché della insufficienza dell’organico di alcune categorie di personale amministrativo (in particolare, quello dei cancellieri, previsti in 28 unità a fronte di 30 magistrati). In particolare per quanto riguarda i magistrati va detto che l’assoluta insufficienza dell’organico è ancora più grave in quanto questo Ufficio deve fronteggiare l’eccezionale carico di lavoro derivante dalla presenza in questa provincia (il cui ambito territoriale coincide con quello del Distretto e quindi con la “competenza” di questa Direzione Distrettuale Antimafia) dell’associazione mafiosa denominata ‘ndrangheta, articolata in molte decine di “locali” e unanimemente riconosciuta come la più potente, pericolosa e ricca delle organizzazione criminali operanti oggi in Italia e in Europa, e peraltro in grado di compiere atti di eccezionale gravità come gli attentati con esplosivo all’edificio dove ha sede la Procura Generale e a quello in cui abita lo stesso Procuratore Generale, nonché la minaccia con uso di un bazooka..”
Leggendola si ricava un quadro della presenza massiccia, anche in termini numerici, della ‘ndrangheta, e si apprezza ancora di più lo sforzo e l’impegno di chi vive in trincea ed opera senza adeguati strumenti e tecnologie per combattere ad armi (quasi) pari la malavita organizzata calabrese. Preoccupante risulta anche l’indice di densità criminale che si colloca intorno al 27% della popolazione, a fronte del 12% in Campania, del 10% in Sicilia e del 2% in Puglia. Colpisce anche il giro economico delle varie attività illecite stimato dall’Eurispes, nel 2007, in oltre 47 miliardi di euro. Colpiscono i dati relativi all’enorme patrimonio di “proprietà ” della ‘ndrangheta su parte del quale, circa 1000 milioni di euro, su richiesta della Procura, tra il 2009 e la metà del 2010, è stato disposto il sequestro.
Il pesante conflitto in atto tra politica e magistratura, purtroppo, non fa che rendere marginali tutti quegli aspetti dell’amministrazione della giustizia che incidono negativamente sui tempi dei processi, il che vuol dire negare alle vittime dei reati la possibilità di ottenere giustizia.
Da cittadini ci chiediamo, ad esempio, cosa voglia fare di concreto il governo per chiudere l’iter di un concorso per la selezione di quaranta dirigenti di tribunale, che è in corso di svolgimento da quasi quattro anni. Oppure cosa intenda fare per le 70 mila sentenze che attendono di essere pubblicate a Roma a causa della carenza di personale amministrativo.
Invece, le Istituzioni ed il Governo si occupano d’altro: di processo breve, di legittimo impedimento, di intercettazioni telefoniche da bloccare, di separazioni delle carriere, di giudici naturali, arrivando persino ad uno scontro tra istituzioni dello Stato dimenticando che la giustizia italiana deve funzionare non solo per i pochi ricchi e potenti, ma per la maggioranza dei cittadini italiani vittime malcapitate ed inermi di un sistema in crisi.
Una vera riforma della giustizia italiana passa, ad avviso di Cittadinanzattiva, attraverso un intervento radicale e strutturale da parte del Governo Italiano. E’ necessario trattare la giustizia italiana come una grande opera indispensabile per il paese e, dunque, adottare urgentemente un Piano straordinario per rafforzare il controllo di legalità sul territorio, soprattutto ma non solo al sud.
E’ necessario procedere subito alla revisione della vecchia geografia giudiziaria verificando lo stato di “salute” degli uffici giudiziari italiani partendo dai tribunali i cui organici risultano al di sotto delle 10 unità .
E’ necessario procedere alla chiusura o all’accorpamento per via amministrativa di almeno 100 Uffici dei Giudici di Pace (oggi circa 850) che non si sono dimostrati utili ai cittadini, provvedendo a riconsiderare sia il numero dei casi trattati che il bacino di utenza di riferimento.
Interventi strutturali, quindi, con la massima urgenza e non l’annuncio di una generica quanto preoccupante “riforma della giustizia” perché i cittadini italiani, si aspettano una riforma della giustizia che abbrevi i tempi dei processi, che abbia un costo ragionevole, che sia qualificata ad affrontare le speculazioni edilizie, lo scempio del territorio, l’arricchimento illecito, la collusione tra malavita organizzata e colletti bianchi, la difesa strenua dell’ambiente da chi lo vuole utilizzare come pattumiera per veleni.
Mimma Modica Alberti, Coordinatore nazionale di Giustizia per i diritti