Le forti preoccupazioni sullo stato dell’economia delle famiglie italiane e sull’aumento della disoccupazione, specie tra i giovani, da una parte e dall’altra l’evidente immobilismo governativo che tra “bunga bunga” ed aumento dell’incertezza del clima politico da mesi ormai palesa un Paese fermo, inducono Giovanni D’Agata componente del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” a riportare all’attenzione dei cittadini e dei media le ultime rilevazioni ISTAT riguardo all’aumento del gap tra reddito disponibile delle famiglie e sullo stato dell’occupazione in Italia.
La statistica parte dall’analisi del reddito disponibile delle famiglie italiane nel triennio 2006-2009 che secondo l’istituto nazionale di ricerca si è concentrato, in media, per circa il 53 per cento nelle regioni del Nord, per il 26 per cento circa nel Mezzogiorno e per il restante 21 per cento nel Centro. Tra il 2006 e 2009 tale distribuzione ha mostrato alcune variazioni che hanno interessato principalmente il Nord-ovest, il quale ha visto diminuire la sua quota di 0,6 punti percentuali (dal 31,1 del 2006 al 30,5 per cento nel 2009) a favore di Centro e Mezzogiorno (+0,4 e +0,2 punti percentuali rispettivamente). Solo la quota di reddito disponibile delle famiglie del Nord-est non è variata rimanendo stabile al 22 per cento.
Uno dei dati che avrebbe dovuto far riflettere con maggiore attenzione chi siede da anni al timone del Paese è quello sul progressivo ridursi del tasso di crescita del reddito disponibile nazionale, che è passato da un incremento del 3,5 per cento del 2006 ad una flessione del 2,7 per cento nel 2009, la prima dal 1995. L’impatto è stato più forte nel settentrione (-4,1 per cento nel Nord-ovest e -3,4 per cento nel Nord-est) e più contenuto al Centro (-1,8 per cento) e nel Mezzogiorno (-1,2 per cento). In generale, tale diminuzione è essenzialmente da attribuire alla marcata contrazione dei redditi da capitale, anche se, in alcune regioni (in particolare Piemonte e Abruzzo), un importante contributo negativo è venuto dal rallentamento dei redditi da lavoro dipendente.
Per quanto riguarda lo stato dell’occupazione e sulla sola base dei dati disponibili e perciò provvisori il numero di occupati a dicembre 2010 (dati destagionalizzati) risulterebbe invariato sia rispetto a novembre 2010 sia su base annua. Il tasso di occupazione, pari al 57 per cento, risulta stabile rispetto a novembre e in riduzione di 0,1 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In realtà, però, se si va ad esaminare il numero delle persone in cerca di occupazione, risulta in diminuzione dello 0,5 per cento rispetto a novembre, e in aumento del 2,5 per cento rispetto a dicembre 2009 ciò perché aumenta la platea di tutti quei cittadini che ormai sono stanchi di cercare un lavoro perché, in poche parole non lo riescono a trovare. Il tasso di disoccupazione, pari all’8,6 per cento, rimane stabile rispetto a novembre; in confronto a dicembre 2009 il tasso di disoccupazione registra un aumento di 0,2 punti percentuali. Il tasso di disoccupazione giovanile è pari al 29 per cento, con un aumento di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 2,4 punti percentuali rispetto a dicembre 2009.
Il numero di inattivi di età compresa tra 15 e 64 anni a dicembre 2010 aumenta dello 0,1 per cento rispetto sia a novembre sia a dicembre 2009. Il tasso di inattività, pari al 37,6 per cento, è invariato rispetto al mese precedente e in diminuzione rispetto a dicembre 2009 (-0,1 punti percentuali).
Dopo la lettura di questi dati, che confermano il grave stato di crisi dell’economia italiana che va a colpire in maniera determinate le famiglie ed i giovani non ci resta che ribadire la necessità di una serie d’interventi improcrastinabili che al momento, in un clima politico così incerto appaiono quantomai lontani.