8 febbraio 2011. Cinque connazionali e 17 indiani tra i marinai rapiti nell’assalto alla “Savina Caylyn” della Fratelli D’Amato di Napoli. Non si hanno notizie di feriti. Mobilitata l’Unità di crisi della Farnesina. I predoni stanno dirigendo l’imbarcazione verso le coste, in attesa di presentare la richiesta di riscatto
SOMALIA – Predoni del mare ancora in azione: sono ventidue – cinque italiani e 17 indiani – i membri dell’equipaggio presi in ostaggio nel corso dell’attacco alla “Savina Caylyn”, la petroliera da 105mila tonnellate di proprietà della Fratelli D’Amato di Napoli, sequestrata questa mattina da un gruppo di pirati in pieno Oceano Indiano, a 880 miglia dalla Somalia e a 500 dall’India. L’Unità di crisi della Farnesina sta seguendo la vicenda e il ministero, per adesso, si è limitato solo a confermare la presenza a bordo dei cinque connazionali. Secondo quanto comunicato dallo Stato maggiore della Marina militare, l’assalto è iniziato alle 6,57 ed è terminato alle 7,27. Non si hanno notizie di feriti.
Le modalità dell’attacco. Secondo le prime ricostruzioni della Marina militare, il nucleo di predoni era composto da cinque unità alla guida di un barchino presumibilmente messo in acqua da una “nave madre” di maggiori dimensioni. Il comandante della petroliera ha tentato inizialmente di sottrarsi ai pirati compiendo le manovre “evasive” previste in questi casi – tra le quali accelerazione della velocità e repentini cambi di rotta – e usando potenti getti d’acqua contro gli aggressori, ma i malviventi non hanno esitato a usare mitra e lanciarazzi Rpg, riuscendo ad agganciare la motonave e a prenderne possesso.
Le reazioni. Nessuna dichiarazione su quanto accaduto è stato fatto dalla Fratelli D’Amato. I giornalisti che si sono presentati presso la sede della società sono stati allontanati in modo perentorio: un clima di tensione evidentemente legato alla difficile situazione nella quale si trova il personale preso in ostaggio. In queste ore, intanto, la fregata Zeffiro – impegnata proprio nell’area somala nell’ambito dell’Operazione Atalanta contro la pirateria – si sta dirigendo sul posto, ma il suo arrivo difficilmente potrà concretizzarsi in meno di un giorno, dato che al momento dell’allarme l’imbarcazione si trovava a 580 miglia nautiche. Oltre alla Zeffiro, un’altra nave militare italiana, il pattugliatore Comandante Foscari, sarà presto in zona. Probabile che il mezzo – che ha da poco attraversato lo stretto di Suez per partecipare all’attuale edizione del salone Idex, ad Abu Dhabi – venga diretto al largo delle coste somale per monitorare la situazione.
Le previsioni. Fino a questo momento non è stato possibile stabilire nessun collegamento con l’equipaggio della “Savina Caylyn”. “L’allarme è arrivato attraverso il sistema satellitare e da allora stiamo monitorando la rotta condividendo le informazioni con le autorità nazionali e internazionali”, spiegano dal comando generale della Guardia costiera. “Dopo l’allarme la nave ha ridotto più volte velocità. Intorno alle 9 ha rallentato la marcia, riprendendo poi la navigazione, e rallentando nuovamente intorno alle 10”.
Secondo quanto riferito dal portavoce della missione europea Atalanta-EuNavFor, il comandante Paddy O’Kennedy, i pirati si stanno dirigendo verso le coste della Somalia dove presumibilmente cercheranno di stabilire contatti con la proprietà per chiedere il loro riscatto. “E’ quanto successo in tutti gli altri casi, è una procedura pressoché standard”, ha detto O’Kennedy. “Abbiamo provato in vari modi ad avere contatti con il comandante e l’equipaggio della Savina Caylyn, via radio e via telefono, ma non è stato possibile stabilire una comunicazione. Ma anche questo non è inusuale, succede sempre”.
I precedenti. Quello contro la “Savina Caylin” è solo l’ultimo di una lunga serie di atti di pirateria che si sono verificati nel corso degli ultimi mesi. L’11 gennaio scorso, per esempio, la nave cisterna Dominia, battente bandiera italiana, venne stata catturata al largo delle coste nigeriane. Gli aggressori, rubati gli effetti personali dell’equipaggio e rapinata la cassa, abbandonarono l’imbarcazione dopo aver costretto tre dei marinai in ostaggio ad accompagnarli a terra con un mezzo di salvataggio.
Il 27 dicembre scorso, ancora, la motonave italiana “Valle di Cordoba” è stata rilasciata dagli stessi pirati che in 18, armati di kalashnikov, l’avevano catturata e sequestrata tre giorni prima al largo di Lagos, nelle acque davanti alla Nigeria. A mezzogiorno, la motonave era in navigazione, a circa 60 miglia dalla costa di Lagos. Il comandante ha dichiarato di aver subito il furto di 5mila tonnellate di benzina, oggetti d’oro e piccole somme di denaro. La nave – con a bordo parte dell’equipaggio (che fortunatamente non ha subito alcun danno) – la è stata portata a circa 40 miglia al largo di Lagos, dove i pirati hanno organizzato il trasferimento su una bettolina della benzina.
Si tratta, come detto, solo degli ultimi precedenti dell’assai più ampia serie di attacchi criminali condotti dai predoni del mare in questi ultimi anni. Secondo calcoli della missione europea nel 2009 i riscatti pagati dagli armatori per far liberare le navi catturate dai pirati solo nel golfo di Aden, al largo della Somalia, possono essere calcolati tra i 60 e gli 80 milioni di dollari.
Fonte:INAIL