L’obesità è una delle piaghe del nuovo millennio con incidenze pesantissime sul welfare di ogni stato per gli effetti sulla salute dei cittadini poiché già il semplice sovrappeso aumenta i fattori di rischio riguardanti le malattie cardiovascolari, il diabete e il cancro ed è all’origine di circa 3 milioni di morti premature ogni anno. . La conferma viene da una recente indagine statistica pubblicata dalla rivista scientifica britannica “The Lancet” realizzata dai ricercatori dell’Imperial College di Londra e dell’Università di Harvard che ha analizzato comparandole sistematicamente varie ricerche delle autorità sanitarie nazionali e degli studi epidemiologici su indice di massa corporea, livelli di colesterolo e ipertensione condotti nel mondo tra il 1980 e il 2008. Gli esiti finali dello studio sono tanto sorprendenti quanto preoccupanti se nel 2008, il 9,8% degli uomini e il 13,8% delle donne sono risultati obesi, con un Body Mass Index (BMI, indice di massa corporea) superiore a 30 kg/m2 e costituiscono quasi il doppio rispetto ai dati del 1980 (erano solo il 4.8% maschi e il 7,9% femmine).Ciò che emerge dall’indagine, è che l’ipertensione e i livelli di colesterolo sono nel complesso lievemente diminuiti, mentre l’obesità – classificata come una malattia – è generalmente aumentata.L’importanza della ricerca può evidenziarsi sia per l’ampiezza della comparazione, che ha razionalizzato mettendo a confronto tutti i dati disponibili in ben 199 Paesi del globo, per un totale di 9,1 milioni di soggetti di età superiore ai 20 anni, che per lo straordinario arco dell’analisi che ha riguardato ben 30 anni di ricerche, alcune, peraltro, non pubblicate.Lo studio parte dalla definizione di Indice di Massa Corporea, definito come: IMC= peso (kg) / altezza (m)2. che qualifica la densità della superficie del corpo ed è misurato in kg / m².Per fare un esempio: un uomo alta 1 metro e 80 cm, con un peso di 85 kg ha un IMC= 85 (kg) / 1,8m(2) = 26.23 kg/m2.Il calcolo dell’indice di massa corporea è ormai di facile reperimento poichè anche sulla rete si trovano svariati programmi gratuiti che lo consento attraverso il semplice inserimenti dei dati riguardanti altezza e peso. Come è noto l’IMC ottimale dipende da età e sesso, ma anche da fattori genetici, alimentazione, stile di vita e attività fisica, condizioni sanitarie e altre. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e la scienza medica utilizzano varie tabelle per definire il “peso salutare” (valori medi di IMC per gli adulti,tra 18,5 e 25), “sovrappeso” (IMC tra 25 a 30) e “obesità” (IMC>30). Il dato che impressiona è la significativa quantità di popolazione interessata da soprappeso e/o obesità: ben 1,46 miliardi di adulti nel mondo hanno un Indice di massa corporea pari o maggiore di 25 kg/m2, e tra questi 205 milioni di uomini e 297 milioni di donne sono obesi.Il primato mondiale di obesità spetta alle popolazioni delle isole di Pacifico e Oceania (Nauru, isole Cook e Samoa, Tonga, Polinesia francese), dove il BMI medio raggiunge i 34-35kg/m2. Tra gli stati industrializzati, la crescita più impressionante di sovrappeso e obesità è stata riscontrata in USA. Nella corsa all’obesità dei Paesi ricchi, seguono Nuova Zelanda e Australia (donne), Regno Unito e ancora Australia (uomini). All’ultimo posto il Giappone, con un BMI medio pari a 22 per le donne e 24 per gli uomini.In Europa ed in particolare Belgio, la Finlandia, la Francia, l’Italia (IMC 28 per le donne adulte) e la Svizzera non risulta esservi stato un incremento significativo dell’Indice, ma ciò non deve fare abbassare la guardia agli organismi deputati al controllo della salute pubblica.Alla luce di tale importante ricerca che Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” teneva a diffondere, affinché anche in Italia si approntino delle strategie pubbliche di prevenzione e cura per combattere il fenomeno, non possiamo non concordare nelle proposte autorevoli che vengono dalla Scienza dell’alimentazione secondo cui bisognerebbe realizzare in ogni regione centri di coordinamento di reti assistenziali che attraverso approcci multidisciplinari integrati di tipo riabilitativo, siano adeguate alla diagnosi e cura dell’obesità e dei disturbi dell’alimentazione ed articolate in unità ambulatoriali, semiresidenziali e di ricovero di riabilitazione intensiva. In alcune regioni sta avendo successo il modello definito “hub and spoke” che prevede la concentrazione dell’assistenza di maggiore complessità in centri di eccellenza (hub) e l’invio dei pazienti ai centri periferici (spoke) in relazione alla prosecuzione del percorso terapeutico e riabilitativo.
Allarme chili di troppo, aumentano gli obesi nel Mondo
L’obesità è una delle piaghe del nuovo millennio con incidenze pesantissime sul welfare di ogni stato per gli effetti sulla salute dei cittadini poiché già il semplice sovrappeso aumenta i fattori di rischio riguardanti le malattie cardiovascolari, il diabete e il cancro ed è all’origine di circa 3 milioni di morti premature ogni anno.
La conferma viene da una recente indagine statistica pubblicata dalla rivista scientifica britannica “The Lancet” realizzata dai ricercatori dell’Imperial College di Londra e dell’Università di Harvard che ha analizzato comparandole sistematicamente varie ricerche delle autorità sanitarie nazionali e degli studi epidemiologici su indice di massa corporea, livelli di colesterolo e ipertensione condotti nel mondo tra il 1980 e il 2008. Gli esiti finali dello studio sono tanto sorprendenti quanto preoccupanti se nel 2008, il 9,8% degli uomini e il 13,8% delle donne sono risultati obesi, con un Body Mass Index (BMI, indice di massa corporea) superiore a 30 kg/m2 e costituiscono quasi il doppio rispetto ai dati del 1980 (erano solo il 4.8% maschi e il 7,9% femmine).
Ciò che emerge dall’indagine, è che l’ipertensione e i livelli di colesterolo sono nel complesso lievemente diminuiti, mentre l’obesità – classificata come una malattia – è generalmente aumentata.
L’importanza della ricerca può evidenziarsi sia per l’ampiezza della comparazione, che ha razionalizzato mettendo a confronto tutti i dati disponibili in ben 199 Paesi del globo, per un totale di 9,1 milioni di soggetti di età superiore ai 20 anni, che per lo straordinario arco dell’analisi che ha riguardato ben 30 anni di ricerche, alcune, peraltro, non pubblicate.
Lo studio parte dalla definizione di Indice di Massa Corporea, definito come: IMC= peso (kg) / altezza (m)2. che qualifica la densità della superficie del corpo ed è misurato in kg / m².
Per fare un esempio: un uomo alta 1 metro e 80 cm, con un peso di 85 kg ha un IMC= 85 (kg) / 1,8m(2) = 26.23 kg/m2.
Il calcolo dell’indice di massa corporea è ormai di facile reperimento poichè anche sulla rete si trovano svariati programmi gratuiti che lo consento attraverso il semplice inserimenti dei dati riguardanti altezza e peso.
Come è noto l’IMC ottimale dipende da età e sesso, ma anche da fattori genetici, alimentazione, stile di vita e attività fisica, condizioni sanitarie e altre. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e la scienza medica utilizzano varie tabelle per definire il “peso salutare” (valori medi di IMC per gli adulti,tra 18,5 e 25), “sovrappeso” (IMC tra 25 a 30) e “obesità” (IMC>30).
Il dato che impressiona è la significativa quantità di popolazione interessata da soprappeso e/o obesità: ben 1,46 miliardi di adulti nel mondo hanno un Indice di massa corporea pari o maggiore di 25 kg/m2, e tra questi 205 milioni di uomini e 297 milioni di donne sono obesi.
Il primato mondiale di obesità spetta alle popolazioni delle isole di Pacifico e Oceania (Nauru, isole Cook e Samoa, Tonga, Polinesia francese), dove il BMI medio raggiunge i 34-35kg/m2. Tra gli stati industrializzati, la crescita più impressionante di sovrappeso e obesità è stata riscontrata in USA. Nella corsa all’obesità dei Paesi ricchi, seguono Nuova Zelanda e Australia (donne), Regno Unito e ancora Australia (uomini). All’ultimo posto il Giappone, con un BMI medio pari a 22 per le donne e 24 per gli uomini.
In Europa ed in particolare Belgio, la Finlandia, la Francia, l’Italia (IMC 28 per le donne adulte) e la Svizzera non risulta esservi stato un incremento significativo dell’Indice, ma ciò non deve fare abbassare la guardia agli organismi deputati al controllo della salute pubblica.
Alla luce di tale importante ricerca che Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” teneva a diffondere, affinché anche in Italia si approntino delle strategie pubbliche di prevenzione e cura per combattere il fenomeno, non possiamo non concordare nelle proposte autorevoli che vengono dalla Scienza dell’alimentazione secondo cui bisognerebbe realizzare in ogni regione centri di coordinamento di reti assistenziali che attraverso approcci multidisciplinari integrati di tipo riabilitativo, siano adeguate alla diagnosi e cura dell’obesità e dei disturbi dell’alimentazione ed articolate in unità ambulatoriali, semiresidenziali e di ricovero di riabilitazione intensiva.
In alcune regioni sta avendo successo il modello definito “hub and spoke” che prevede la concentrazione dell’assistenza di maggiore complessità in centri di eccellenza (hub) e l’invio dei pazienti ai centri periferici (spoke) in relazione alla prosecuzione del percorso terapeutico e riabilitativo.