È bastato il reportage “Hatchery Horrors” di cui riportiamo il link cui consigliamo la visione solo ad adulti http://laverabestia.org/play.php?vid=1150 che è stato ripreso con una telecamera nascosta nello stabilimento di incubazione Hy-Line nello Stato dell’Iowa per indignarci sui metodi d’allevamento delle galline ovaiole e chiederci se anche in Italia siano consentite tali prassi di una crudeltà inaudita.
Il documentario è stato registrato dall’associazione Mercy For Animals che per circa due settimane ha filmato le pratiche assolutamente crudeli a cui sono sottoposti i pulcini in questo tipo di stabilimenti che risulterebbero comuni in tutto il globo.
Queste vere e proprie “fabbriche di galline ovaiole” – per rendere l’idea che i pulcini sono considerati al pari di ogni prodotto di consumo non animale – partono la loro produzione dalle incubatrici sino alla selezione finale dei pulcini. Appena usciti dall’uovo, infatti, alcuni operai hanno il compito di selezionare manualmente i maschi dalle femmine. Gran parte delle femmine, in particolare quelle sane e quelle che non muoiono a causa dei nastri trasportatori, verranno utilizzate negli stabilimenti di produzione di uova da vendere ai consumatori; i pulcini maschi che sono considerati sin da subito inutili, perché non produrranno uova e non sono delle razze giuste per diventare dei polli “da carne” convenienti per l’industria, vengono immediatamente uccisi gettandoli vivi in un tritacarne mentre altre industrie li soffocano in sacchi di plastica.
Ma non finisce qui la fiera delle crudeltà: ai pulcini femmina viene tagliata la punta del becco con un apposito macchinario che le afferra dalla testa. Questo per evitare che una volta adulte e costrette in piccolissime gabbie, non si feriscano gravemente tra loro causando danni economici per i produttori di uova.
È noto, peraltro, che il becco dei pulcini contiene terminazioni nervose, e la procedura di taglio può causare dolore sia acuto al momento, che cronico, per tutta la vita della gallina adulta.
Per non parlare poi della vita successiva delle galline in gabbia, sfruttate al massimo per 2 anni per la produzione di uova, e poi macellate. Purtroppo risulterebbe che anche gran parte delle galline allevate a terra provengono da questi stabilimenti e vengono comunque alla fine uccise.
Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti” si chiede se tali prassi siano consentite in Europa ed in Italia essendo comunque possibile la realizzazione di allevamenti comunque intensivi che limitano le sofferenze di questi animali preziosi per la nostra alimentazione e se quindi non sia ora anche da parte dell’U.E., da sempre sensibile a tali esigenze, d’incentivare tali tipi di produzioni a danno di quelle che abbiamo denunciato nel presente comunicato.