Perché ci vuole una donna nuda per acquistare un tubetto di colla?

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Si fa un gran parlare di parità tra i sessi, come auspicio o come punto di arrivo. Di certo non come realtà. In Italia, e le polemiche sul ruolo della donna e sulle inchieste giudiziarie su giri di prostituzione altolocati lo dimostrano, siamo ancora più arretrati rispetto ad altri paesi. La nostra resta nelle fondamenta, una società ancora profondamente dominata dal maschio e sui suoi gusti si informa gran parte della comunicazione e degli stili di consumi. Basta una riflessione banale per capirlo. Se fossimo in una società più paritaria o addirittura dominata dalla componente femminile l’abbinare un prodotto ad una donna poco vestita non avrebbe grande effetto. O avrebbe comunque un impatto di gran lunga inferiore a quello che ha oggi. La donna, quindi, non ha raggiunto ancora il potere sociale che meriterebbe. Anche perché il rendimento scolastico delle donne, come hanno confermato ancora un volta recenti studi accademici, è di gran lunga migliore di quello dei colleghi maschi. Perché allora un’intera società non sfrutta appieno queste grandi potenzialità che la donna può offrire? I motivi sono profondi. In primis il ceto maschile al potere ha ben poca voglia di mollare le redini detenute per generazioni e generazioni. Ma anche se, in un soprassalto di resipiscenza volesse l’intera società è profondamente modellata sul maschio e sulle sue esigenze ed è quindi difficile da riconvertire in tempi ragionevolmente brevi. I modelli di consumo sono penati sull’uomo, la pubblicità, come abbiamo visto, è pensata per i desideri maschili, le strutture produttive ed economiche sono organizzate in base alle esigenze dei maschi. La donna è anche madre, o quantomeno è il percorso più naturale di una donna ed è anche quello statisticamente più rilevante. Ma il mondo del lavoro e della produzione è pensato ed incentrato solo per l’uomo, che non ha i ritmi della maternità, ritmi fisiologici prima che culturali. Eppure le nuove evoluzioni della tecnologia possono accelerare un rinnovamento culturale ormai indispensabile. Certo con questo non si vuol dire, e chi scrive essendo uomo certo non lo auspica che il ruolo maschile venga ghettizzato o peggio emarginato. Si vuole solo dire che una società in cui la donna concorre su basi paritetiche alla gestione della collettività, delle imprese e della società tutta è un posto migliore, che sfrutta meglio le proprie risorse, è più armonico ed è meno distorto, come è adesso, da pulsioni e desideri tipici di una sola metà del cielo. La tecnologia attuale sta rendendo possibile una progressiva dematerializzazione delle prestazioni lavorative. Le prestazioni che maggiormente si stanno liberando dall’essere vincolate ad uno specifico luogo di lavoro sono quelle in cui il ruolo femminile ha carte spesso migliori da giocare, come quelle professionali, quelle derivanti da studi complessi e approfonditi, quelle derivanti da specializzazioni assai accurate. Forse il nuovo sistema produttivo mondiale che la tecnologia sta modellando riuscirà a fare giustizia di una discriminazione immotivata che frena lo sviluppo della collettività e francamente, tra un Bunga bunga ed una velina, si dimostra anche noiosa e fastidiosa. (Pietro Colagiovanni)