R.E.TE. Imprese Italia a Equitalia: si riducano le ganasce fiscali

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La riscossione coattiva dei tributi rappresenta un momento fondamentale per ogni Stato civile. Da essa dipende la credibilità dell’Amministrazione finanziaria, dello Stato nella lotta all’evasione fiscale come anche dipende la possibilità per le imprese di continuare ad esercitare l’importante funzione sociale della produzione di ricchezza. Serve, quindi, una immediata riforma che oltre ad condurre all’eliminazione delle ganasce fiscali, riduca il ritmo di crescita del debito, non chieda anticipi ai contribuenti che fanno ricorso e, inoltre, consenta di arrivare a determinare un piano di rateizzazione sostenibile.

La riscossione coattiva dei tributi rappresenta un momento fondamentale per ogni Stato civile. Da essa dipende la credibilità dell’Amministrazione finanziaria, dello Stato nella lotta all’evasione fiscale come anche dipende la possibilità per le imprese di continuare ad esercitare l’importante funzione sociale della produzione di ricchezza.

Sono stati questi i presupposti che ci hanno portato prima ad approfondire l’attuale sistema di riscossione coattiva al fine di individuarne le falle (vedi Appr. 8 novembre 2010, n. 5), per poi proporre degli aggiustamenti che riteniamo vadano proprio nella direzione di creare un equilibrio tra le due esigenze che riteniamo al momento assente.

Le pressioni già esercitate cominciano a restituire i primi effetti concreti. Già adesso tutti coloro che non sono riusciti da iniziare o anche completare la rateizzazione dei debiti per mancanza di liquidità, possono chiedere una nuova rateizzazione in ulteriori 72 rate, dimostrando il peggioramento della situazione finanziaria (vedi articolo 2, c. 20 del D.L. n. 225/2010).

Nel decreto sviluppo, emanato proprio in questi giorni (DL n. 70/2011, art. 7), è stato concesso un ulteriore stop all’azione di riscossione coattiva di 120 giorni, in caso di presentazione del ricorso avverso la contestazione delle finanze. Termine che riteniamo insufficiente, se si considera la lentezza del giudizio tributario.
Si tratta, quindi, di primi timidi segnali che, tuttavia, riteniamo siano ancora ampiamente insufficienti.

A breve servono risposte concrete. La protesa delle imprese dimostra l’inadeguatezza delle norme che sono alla base della riscossione coattiva. Inadeguateze che emergono solo adesso perché il passaggio ad Equitalia ha determinato l’applicazione di quel sistema prima pressoché inutilizzato dal concessionari per la riscossione. Questo per dire che il sistema ha bisogno di norme nuove. Norme che consentano di meglio intervenire sui grandi patrimoni occultati tramite sofisticate escamotage finanziari e che, allo stesso tempo, diano ad Equitalia tutti gli strumenti normativi per consentire alle imprese sane di adempiere. Una impresa che muore per l’impossibilità di pagare, fa male a tutti: in primo luogo all’imprenditore, all’Erario, perché comunque non recupera il debito fiscale ed, anche, al sistema Paese che ha una impresa in meno che crea ricchezza.

In primo luogo, è importante eliminare le c.d. ganasce fiscali. Si tratta, infatti, di uno strumento, introdotto nel 1999 che nel tempo ha apportato molte conseguenze negative e vessazioni alle imprese. Quando il fermo amministrativo dei veicoli viene applicato ai beni strumentali utilizzati per l’esercizio dell’attività d’impresa, rende impossibile il proseguo dell’attività produttiva, impedendo all’imprenditore o professionista di produrre reddito. Quel reddito che, peraltro, gli serve per pagare i tributi dovuti. Peraltro si tratta di una abrogazione che non priva l’Agente della riscossione della possibilità di agire applicando misure cautelari conservative del patrimonio dei veicoli.

Inoltre, l’attenzione deve essere rivolta allo spropositato incremento del debito fiscale dovuto al metodo di calcolo degli interessi di mora e, soprattutto, all’agio di riscossione.
Occorre, inoltre eliminare la riscossione dei tributi quando si è in pendenza di giudizio, almeno fino al primo grado. Le imprese devono avere maggiori margini di libertà per poter far valere le proprie ragioni di fronte al fisco presso le Commissione tributarie. Far pagare il 50% delle imposte emergenti dall’accertamento, anche quando questi si presentano palesemente infondati, appare un forte deterrente al ricorso, da eliminare. Riteniamo occorra minare alle fondamenta la frase “lei ha ragione, ma paghi e faccia ricorso”, che troppo spesso ci si deve sentir dire dal funzionario di turno delle finanze.

Occorre poi inserire e rendere concreto l’ulteriore principio generale della sostenibilità della rata in cui il debito fiscale può essere diviso. Così come le banche riconoscono un prestito in funzione della rata che il richiedente può permettersi, anche il fisco dovrebbe individuare una rata che il contribuente può permettersi. Questo, oltre a meglio garantire la sopravvivenza delle imprese, fondamentale nella fase di ripresa economica, riteniamo conceda maggiori margini di garanzia all’Erario per ottenere il pagamento del debito fiscale.

Sono queste le questioni sottoposte all’Agenzia delle entrate e ai vertici di Equitalia da Rete imprese Italia tramite diverse lettere inviate nei giorni scorsi consultabili tra gli allegati, ovvero tramite proposte emendative.