Cose dell’altro mondo. La partecipazione civica non ha confini

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Mentre qui in Italia stiamo lottando per garantire che tutti possano consapevolmente andare a votare il 12 e 13 giugno per i referendum, fuori dai nostri confini altri cittadini attivi, variamente organizzati, si danno da fare per garantire, come noi, l’avanzamento di pezzi di democrazia.

Forse non tutti sanno che Cittadinanzattiva sta lavorando da tempo in Colombia, nel quadro del programma Art delle Nazioni Unite (UNDP), per dare attuazione a quei principi di partecipazione civica, contenuti nella Costituzione di quel paese, molto predicati ma poco attuati. In Marocco si sta invece avviando una collaborazione con le stesse Nazioni Unite per contribuire alla costruzione di una via pacifica alla democratizzazione di una importante nazione del bacino del Mediterraneo. In Messico ad Oaxaca la partecipazione civica sta diventando lo strumento per mettere mano assieme ai cittadini un corretto ciclo dei rifiuti.

In realtà molte altre cose stanno avvenendo nella nostra vecchia Europa, grazie anche all’azione di associazioni della nostra rete di Active Citizenship Network. Due esempi: in Bulgaria, a seguito di un processo partecipativo, le donne di una associazione di lotta contro i tumori sono riuscite a cambiare le norme che proteggono questo tipo di malati. In Scozia la elaborazione delle linee guida per la tecnologie e delle innovazioni da introdurre nel Servizio sanitario inglese sono state il frutto di un’ampia consultazione delle associazioni dei cittadini. Ambedue le esperienze hanno ricevuto il Premio per la partecipazione civica assegnato nel corso della V° giornata europea dei diritti dei pazienti.

La caratteristica che hanno in comune tutte queste esperienze è quella di valorizzare il patrimonio di attivismo civico già esistente in ognuno dei Paesi considerati, diffondendo esperienze, garantendo formazione e strumenti di lavoro, riproducendo e adattando le pratiche di successo già sperimentate da Cittadinanzattiva, dando anche semplicemente fiducia alle realtà della società civile impegnate nella tutela dei diritti in contesti spesso difficilissimi.

Tutto questo si sta rivelando possibile per tre fattori. Il primo, il più importante: i cittadini attivi esistono dovunque, non solo nei paesi cosiddetti sviluppati, ma soprattutto in quei paesi, detti “in transizione”, dove si sta vincendo la lotta contro la povertà estrema e dove è sempre più sviluppata una società civile organizzata. In Marocco ci sono 40.000 associazioni che stanno costruendo un sistema di sviluppo sociale, veramente interessante. A Pasto, sulle sponde del Pacifico colombiano, ogni quartiere ha le sue assemblee di cittadini e una specie di difensore civico che si chiama “vocales de control”. In secondo luogo, ci sono soggetti istituzionali che stanno puntando su quella che noi chiamiamo “democrazia dal basso” o “democrazia dei cittadini”. Nella grande provincia di Narino, in Colombia, la partecipazione civica è considerata una politica da assecondare con ogni mezzo; il nuovo Governatore dello Stato di Oaxaca (Messico) mostra grande apertura verso una gestione partecipata dei servizi pubblici locali. Il Re del Marocco ha addirittura fatto una legge per introdurre in ogni comune comitati di partecipazione. Puro opportunismo? Uno specchietto per le allodole per evitare proteste e rivoluzioni? Forse.

La cosa importante è che le Nazioni Unite, tramite il Programma Art che punta sulla cooperazione decentrata, stanno supportando questo processo e ritengono che il ruolo di soggetti come Cittadinanzattiva sia importante per rafforzarlo. Ultimo fattore: la partecipazione civica non è solo un’utopia, ma rappresenta, nelle sue mille opportunità di applicazione, un modo concreto per dare alle popolazioni locali voce e strumenti per agire. I trent’anni di esperienza del Tribunale per i diritti del malato in Italia stanno alla base e sono la garanzia su cui si poggia la creazione di un organismo analogo a Cartagena de Indias, in Colombia, sorto a marzo in vari presidi sanitari di quella città ad opera di un gruppo di donne della comunità afro. Le stesse Università di quella città stanno lavorando per costruire con loro la Carta dei diritti del malato.

Sembrano un po’ cose dell’altro mondo, ma rappresentano grandi iniezioni di fiducia. Esiste un lento ma costante processo di rivoluzione civica che abbraccia tante persone, tante esperienze, tanti paesi. Spesso doloroso e faticoso, ma reale e tanto concreto quanto privo di quella retorica che ne farebbe solo un discorso. Il bello è starci dentro!

Teresa Petrangolini, Segretario generale di Cittadinanzattiva