Agricoltura: cercasi giovani disperatamente. Solo il 3,4 per cento delle imprese è guidato da “under 35”

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La metà delle imprese agricole italiane sono condotte da “over 65”. Burocrazia, costi e assenza di politiche efficaci frenano il ricambio generazionale. Ma un fenomeno nuovo fa ben sperare: neo-laureati scelgono la vita dei campi, portando dinamismo e innovazione in azienda.

L’agricoltura italiana è tra le più vecchie d’Europa. Nel 2010 per ogni imprenditore agricolo “under 35” ce ne sono 15 con più di 65 anni di età. Nel 2005 erano “solo” 11. Il fatto è che la burocrazia, la mancanza di agevolazioni per l’acquisto della terra e per il subentro in azienda, il credito oneroso non favoriscono certo il ricambio generazionale. E il risultato è che ad oggi, nel comparto agricolo, ci sono soltanto il 3,4 per cento di giovani conduttori sotto i 35 anni e meno del 7 per cento sotto i 40. È quanto evidenziato dalla Cia-Confederazione italiana agricoltori in occasione della quinta Conferenza economica in corso a Lecce.

In pratica, solo 112 mila aziende agricole -rileva la Cia- sono guidate da giovani su un totale di 1,7 milioni di imprese del comparto sparse su tutto il territorio nazionale. All’opposto, il 44,7 per cento dei titolari di aziende (quasi uno su due) ha un’età pari o superiore a 65 anni, mentre il restante 52 per cento si colloca tra i 35 e i 65 anni.

Una situazione allarmante, dunque, per cui siamo tra i “fanalini di coda” in Ue. Sebbene anche in Europa le percentuali di giovani agricoltori sono bassissime, e nel 2010 sono ulteriormente diminuite passando dal 7 al 6 per cento, il Belpaese fa peggio di tutti o quasi, collocandosi in fondo alla classifica sull’indice di ricambio generazionale. Siamo quart’ultimi su ventisette. Dopo di noi solo la Gran Bretagna, Cipro e il Portogallo. Primi in graduatoria, invece, gli stati dell’Europa dell’Est, come Polonia e Repubblica Ceca, entrati a far parte dell’Ue più di recente.

Eppure in Italia sono proprio i più giovani a “fare” l’agricoltura più innovativa. Diversificazione produttiva e originalità nella conduzione aziendale sono le priorità delle realtà agricole condotte dagli under 40. Nel Centro Italia -rileva la Cia- quattro aziende su dieci praticano agricoltura multifunzionale, mentre si passa a 5 casi su 10 se si guarda alle attività di aziende giovani. Allo stesso modo, tra gli agricoltori “junior” il 5 per cento pratica un’agricoltura più innovativa, rispetto al 3 per cento di over 40.

Queste cifre -come sottolinea l’Agia (Associazione giovani imprenditori agricoli della Cia)- riflettono un fenomeno nuovo che sta cominciando a farsi sentire nel panorama agricolo italiano. Oggi molto spesso i giovani si avvicinano all’agricoltura “per scelta”, e non più solo per tradizione familiare. Uno degli effetti della crisi economica, infatti, è stato quello di portare neo-laureati a scegliere di investire le loro competenze specifiche in un’agricoltura competitiva, innovativa e di qualità. Ignari dei segreti del mestiere, sono però forti della propria preparazione settoriale, un “know how” prezioso per un settore arretrato e restio all’iniziativa imprenditoriale creativa e diversificata.

Attratti spesso più dalla qualità della vita dell’ambiente agricolo che dalle prospettive offerte dal settore, questi giovani si reinventano agricoltori. A modo loro però. La parola d’ordine è diversificazione produttiva: agronomi che fanno ricerca e impiegano le tecnologie più all’avanguardia; biologi che puntano sulla sanità e la qualità dei prodotti; esperti della comunicazione che gestiscono il marketing e la promozione telematica dei prodotti; esperti di economia che amministrano l’azienda; educatori che si dedicano all’agricoltura sociale o ai progetti educativi in fattoria; erboristi e farmacisti che scommettono sulla fitoterapia e sulla cosmesi naturale. La propensione alla multifunzionalità di questi nuovi agricoltori si traduce -ribadisce la Cia- in una maggiore sensibilità ambientale, nella predilezione per le energie alternative e nel continuo aggiornamento.

Questi nuovi “dottori dell’agricoltura” sono solo il 35 per cento degli “under 40”, che a loro volta rappresentano il 7 per cento dei nostri agricoltori. Nonostante si tratti di una minoranza, i nuovi brillanti agricoltori riescono a incidere sulla qualità delle nostre aziende, e soprattutto sono tra i primi artefici di un’importante tendenza al cambiamento socio-culturale delle nostre zone rurali. È in questo capitale umano, pronto all’innovazione e sensibile alla tradizione, che sta il futuro del settore.

Ma se le cifre di questo fenomeno sono ancora contenute, notizie incoraggianti vengono dai dati complessivi sull’occupazione in agricoltura, unico settore -afferma la Cia- a crescere nel 2010, facendo registrare un incremento dell’1,6 per cento rispetto all’anno precedente e in particolare un rialzo dello 0,9 per cento per la fascia di età compresa tra i 15 e i 34 anni. Sintomi di un comparto vitale, ma ancora fortemente condizionato dai troppi ostacoli allo “svecchiamento” come la limitata mobilità fondiaria e l’accesso al “bene” terra, gli alti costi di avviamento e l’incertezza sulle prospettive economiche, la scarsità di formazione e i servizi di consulenza adeguati. Intoppi e freni a cui si aggiungono gli oneri amministrativi connessi all’esercizio dell’attività agricola, gli elevati prezzi di affitto e di acquisto dei terreni, gli alti costi dei macchinari, e in generale, degli investimenti. Non solo. Barriere fiscali e legali e in alcuni casi il forte rischio di “marginalità” delle aree rurali, la carenza di infrastrutture, di logistica e di mobilità dei servizi civili e socio-sanitari, che condizionano la qualità della vita, completano il quadro dei problemi dei giovani che intendono intraprendere l’attività agricola.

Un buon esempio di semplificazione burocratica che ha avuto, non a caso, un grandissimo successo in agricoltura è costituito dai “buoni lavoro”. In soli tre anni sono stati venduti ben 15.334.521 voucher, di cui quasi la metà utilizzati nel settore primario. Si tratta di lavoro occasionale, che tuttavia può costituire una buona forma di integrazione al reddito, ma è comunque una prova riuscita di snellimento burocratico.

Adesso, però, serve una svolta reale a favore dei giovani, tanto più che proposte e opportunità per agevolare il ricambio generazionale in agricoltura non mancano. Tra le misure auspicabili (evidenziate anche dal progetto “Agricoltura futuro giovane” dell’Agia) ci sono: i sostegni finanziari al primo insediamento (legato a un progetto aziendale sostenibile); la realizzazione diffusa di uno “sportello giovane”; percentuali di finanziamento più elevate sui vari bandi e sul Psr per i giovani imprenditori agricoli; la riduzione dell’alto costo di avviamento; agevolazioni fiscali sulle assunzioni di personale e per i giovani imprenditori post-insediamento; l’incentivazione alla nascita di forme di collaborazione tra giovani o a maggioranza di giovani imprese (società miste); facilitazioni per l’accesso al credito. Sul fronte della pubblica amministrazione, il “fascicolo aziendale” come banca dati per tutte le richieste e per le prestazioni pubbliche all’impresa stessa. Ma soprattutto semplificazione burocratica.