I vertici della Fondazione Manodori saranno chiamati a confrontarsi con la Commissione consiliare Economia e con il Consiglio provinciale di Reggio Emilia. È questo quanto uscito nella seduta del Consiglio provinciale di lunedì 11 luglio, presieduta da Gianluca Chierici, dove è passato un ordine del giorno correlato a firma di Marcello Stecco (Pd), presidente della Commissione Economia, e del capogruppo Pd Paolo Croci, approvato con 17 voti favorevoli (Pd e Idv), 1 contrario (Rc) e 6 astenuti (Pdl e Fli).
L’intervento di Stecco è arrivato in risposta alla presentazione di un ordine del giorno, poi respinto, da parte di Rudy Baccarani ed Emanuele Magnani (Idv) in cui, considerata la recente delibera della stessa Manodori sull’acquisizione di pacchetti azionari del Banco Popolare e della nomina del presidente della Fondazione Gianni Borghi alla vicepresidenza di un istituto che ne fa parte, la Banca Popolare di Verona, si è rilevato come lo stesso “Gianni Borghi non possa ricoprire queste due cariche a causa del potenziale conflitto di interessi”.
Stecco, in disaccordo con la posizione dell’Idv, ha precisato la necessità di approfondire i problemi relativi alla Manodori ed ha chiesto che il Consiglio provinciale coinvolga, “in questo percorso, i due consiglieri nominati dalla Provincia e la stessa Presidenza della Fondazione”. Il suo ordine del giorno correlato è stato approvato da tutta la maggioranza, Idv compresa.
Il dibattito
L’Idv ha motivato così il suo testo: “Occorre cessare una situazione che non può fare bene alla gestione” della Manodori stessa e che “potrebbe penalizzarne l’efficacia degli interventi sul territorio”, alla luce anche – fanno notare Baccarani e Magnani – del bilancio 2010 della Fondazione, diminuito di circa 1,5 milioni di euro. I due consiglieri provinciali della maggioranza hanno voluto ricordare che “la Fondazione Manodori rappresenta un patrimonio importante per tutta la comunità reggiana e che il suo scopo è intervenire a favore dell’educazione e formazione, dell’assistenza alle categorie sociali deboli e al volontariato, della salute pubblica, dell’arte e della cultura”, aree per cui, “visti i tagli imposti agli enti locali, gli interventi della Manodori sono ancora più importanti che in passato”. Inoltre, ribadiscono che la Provincia è chiamata a pronunciarsi in merito, visto che la “il presidente della Provincia di Reggio Emilia ha indicato due dei consiglieri dell’attuale Consiglio Generale della Manodori”.
Baccarani non è andato per il sottile durante la discussione del documento da lui firmato: “Abbiamo voluto porre il tema della gestione della Manodori per capire cosa è rimasto ad oggi dei suoi scopi mutualistici – ha detto il consigliere Idv – La Fondazione mi pare piuttosto un centro di poteri forti che ha portato negli anni un gigantesco depauperamento di un nostro bene comune. Le scelte del nuovo presidente hanno provocato un calo dei dividendi che inciderà sulla nostra comunità”.
“C’è stata diversificazione con la cessione delle quote Unicredit – ha concluso Baccarani – per poi comprare quelle del Banco Popolare, creando una situazione grottesca viste le cariche ricoperte da Borghi”.
Dura la reazione del capogruppo del Pdl, Giuseppe Pagliani: “Abbiamo ascoltato la predica fantasiosa di un nuovo inquisitore, con riferimenti inadeguati da far rabbrividire. Baccarani non sa quello di cui parla. Non difendo la Manodori, ma reputo un valore la scelta di investire sul gruppo Banco Popolare – ha replicato Pagliani – È un valore che un reggiano sia vicepresidente di una banca, la Popolare di Verona–San Geminiano e San Prospero, che ne fa parte. Prima si critica la Manodori perché non cede le quote Unicredit, poi si critica perché diversifica investendo in un’altra banca, ma non ho sentito l’importanza che la Fondazione ha avuto nel finanziare 800 progetti di solidarietà”.
Pagliani rileva anche che la Fondazione è un istituto privato e che con il cambio del vertice nel 2009 i consiglieri “hanno deciso di non aprire le porte agli enti locali, i quali, loro sì, avevano lanciato un’opa sulla Manodori: credo sia positivo che la politica sia un poco più lontana nella gestione della fondazione, nel rispetto della sua autonomia”.
Secondo Stefano Tombari (Lega Nord) ci sarebbero altri percorsi e meccanismi per segnalare elementi che si pensa non vadano bene nella gestione della Manodori, sono più attinenti alle policy interne di un consiglio di gestione o amministrazione. Quale è la necessità di parlarne in Consiglio provinciale? Visto che ha mosso nodi di carattere civilistico o penale, Baccarani dovrebbe presentarsi dal magistrato. Se non lo fa, il suo è un modo di fare buffonesco”.
Per Umberto Beltrami (Pd), invece, “è un bene che il Consiglio provinciale ne parli. La gestione della Manodori è la cartina tornasole del declino di Reggio Emilia. Ci sono dentro le componenti sociali ed economiche di Reggio, una massiccia presenza di industriali che è strana”. Beltrami, poi, vuole tornare al “blitz del 2009, per cui fu decisivo il voto del consigliere Simonini, ex direttore del Banco San Geminiamo e San Prospero, nominato dal vescovo in Manodori come esperto di beni artistici. Si fa quindi diversificazione proprio con il Banco Popolare di Verona-San Geminiano e San Prospero, dove Borghi già sedeva in cda al momento della sua elezione a presidente della Manodori. Poi è stato nominato vicepresidente della banca che ha sede a Verona: mi pare ci sia un conflitto se non di interessi, almeno di opportunità”.
Tommaso Lombardini (Fli) tiene a precisare che “esiste l’autonomia delle fondazioni. A causa dell’incapacità di accordarsi da parte degli enti locali, nel 2009 Comune e Provincia hanno determinato l’attuale situazione perché non si parlano quando vi sono scelte strategiche da prendere. Mi chiedo, allora, quale è stato il ruolo degli enti locali nell’indicare i nomi che dovevano entrare in cda”. In merito all’investimento nel Banco Popolare, per Lombardini “è stata fatta un’operazione di aiuto e sostegno: le banche popolari sono importanti per i territori sui quali insistono. Arrivare ad una censura così violenta sul presidente della Manodori mi pare davvero eccessivo”.
Il capogruppo del Pd, Paolo Croci, ha condiviso “la sensazione che le decisioni importanti non si prendano nei luoghi di elezione dei cittadini, ma altrove. È bene quindi che Comune e Provincia accendano i riflettori su questi centri decisionali. Non mi permetto di dire che sono partite illegittime, ma credo che sia stato il tempo a dare torto all’investimento in Unicredit. Vedremo cosa succederà con il Banco Popolare”. Per Croci ed il gruppo Pd, “il tema è portare attenzione sul ruolo delle banche e delle fondazioni, in modo tale che abbiamo sì autonomia, ma non autoreferenzialità e, quindi, non disattendano alle finalità che hanno”. Gli fa eco Luciano Branchetti (Pd): “La nostra posizione è approfondire”.
Nel difendere le ragioni del suo correlato, Marcello Stecco (Pd) conferma che “ha senso affrontare i problemi e le strategie generali della Manodori, visto che due consiglieri sono nominati proprio dalla Provincia”. Per Stecco, “è serio da un punto di vista istituzionale entrare dalla porta maestra, cioè confrontarsi sugli elementi di fondo e non soffermarsi su questioni di dettaglio in Commissione ed in Consiglio provinciale. In questo senso ho formulato un testo correlato e, qui, invito Baccarani a ritirare il suo ordine del giorno”. Baccarani ha ribadito di non poterlo ritirare, appoggiando peraltro il documento di Stecco. Nella replica, ha attaccato le parole di Lombardini: “In riferimento a quanto ha detto il consigliere di Fli, non vedo tra gli obiettivi della fondazione quello di salvare le banche”.
Alberto Ferrigno di Rifondazione Comunista è “d’accordissimo a discutere della Manodori in Provincia e che la Fondazione è un bene comune della comunità tutta: non è presunta l’ombra di un conflitto d’interessi sollevata da Baccarani”.
“Sono indignato, per il resto – continua Ferrigno – dell’assenza della Masini, che si dimostra ancora una volta disinteressa nei confronti del Consiglio. Aggiungo che prima di nominare due consiglieri in Manodori, la presidente avrebbe dovuto rendere conto al Consiglio”. Infine, un attacco alla maggioranza: “Non è omogenea e credibile: se un consigliere solleva un problema con un ordine del giorno, non si può arrivare in Consiglio e dire di fare un passaggio in commissione come ha proposto Stecco. Piuttosto, i lavori del Consiglio devono essere preparati prima in commissione”.