Sono passati neppure 3 mesi dal referendum contro la privatizzazione dei servizi pubblici locali. Il referendum ha abolito quegli articoli della legge Ronchi che imponevano ai comuni la messa a gara, cioè la privatizzazione, dei tanti servizi pubblici locali a rilevanza economica gestiti dai comuni o dalle loro società pubbliche. Non solo la gestione dell’ acqua quindi che pur è stato l’elemento simbolico del referendum, ma anche per esempio i trasporti locali o l’ intero ciclo dei rifiuti. L’esito del referendum è stato chiarissimo e inequivocabile.
Tuttavia in questi giorni , prendendo a prestesto strumentale l’emergenza della crisi finanziaria, governo, confindustria e purtroppo, pare, anche alcune confederazioni sindacali, sono tornati all’assalto delle aziende “municipalizzate” ipotizzando nuovamente la privatizzazione nell’erogazione dei servizi pubblici locali.
Si tratterebbe di un vero e proprio abuso verso la volontà popolare espressa nel referendum, di un tentativo speculativo di mettere le mani private su quel grande tesoro pubblico che sono i beni e servizi che i comuni quotidianamente erogano ai propri cittadini. Un tentativo da smascherare e da contrastare nell’ interesse dei comuni e delle comunità locali.