Il commercialista aderente a uno studio associato, per sfuggire all’Irap, deve provare che non ha fruito dei benefici derivanti dalla sua partecipazione al “gruppo”
Qualora il professionista (nella specie, commercialista) sia inserito in uno studio associato, sebbene svolga anche una distinta e separata attività professionale, diversa da quella svolta in forma associata, è tenuto a dimostrare, al fine di sottrarsi all’applicazione dell’Irap, di non fruire dei benefici organizzativi recati dalla sua adesione alla detta associazione che, proprio in ragione della sua forma collettiva, normalmente fa conseguire ai suoi aderenti vantaggi organizzativi e incrementativi della ricchezza prodotta (Cass., 10 luglio 2008, n. 19138; negli stessi termini anche Cass., 11 giugno 2007, n. 13570). Va quindi censurata la sentenza nella quale i Giudici non abbiano considerato come elemento determinante il rilievo che l’associazione è uno strumento non solo per consentire il lavoro del professionista ma anche per potenziarne la capacità, e lo studio associato è qualcosa di più rispetto al mero esercizio di attività professionale.