Commissione Ue: per le Pmi il sostegno in start up è opportuno

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Una politica di supporto anche di carattere fiscale assicura innovazione, occupazione e integrazione sociale e locale

Il trattato di Lisbona ha recepito le preoccupazioni dei piccoli imprenditori e il sentimento della Commissione europea di porre al cento del rilancio della competitività sui mercati le PMI.  Il tema continua ad essere di grande attualità in questo momento difficile dell’economia perché le piccole imprese sono le prime a risentire i cambiamenti del contesto economico e delle imperfezioni del mercato. I programmi comunitari per le imprese hanno, pertanto, mirato a garantire la sostenibilità della crescita di tale tipologia di operatori economici in considerazione della loro potenzialità propulsiva multitasking : una politica di sostegno alle Pmi equivale ad assicurare innovazione, occupazione e integrazione sociale e locale in Europa. Tale consapevolezza si deve tradurre, come in più occasioni ribadito dall’esecutivo europeo, prioritariamente nell’adattare i sistemi fiscali sì da incoraggiare, attraverso opportuni programmi incentivanti, le imprese in fase d’avviamento (le PMI hanno solitamente difficoltà ad ottenere capitali o crediti  all’inizio della fase di avvio in quanto nella maggior parte non sono in grado di fornire le garanzie richieste dai finanziatori tradizionali) e favorire l’espansione, perché produttive  di posti di lavoro. In tale ottica da qualche anno si applicano misure di sostegno anche alle università e ai centri di ricerca senza scopo di lucro per consentire di detenere una partecipazione finanziaria in una PMI) ma determinante è in questo periodo il miglioramento dell’accesso ai servizi finanziari attraverso la creazione di adeguate condizioni di accesso al credito e al capitale di rischio e, contestualmente,  l’accesso ai fondi strutturali
Le Pmi e la dinamica strutturale
Le microimprese, le piccole imprese e le medie imprese (PMI) svolgono un ruolo centrale nell’economia europea nell’ambito della quale sono rappresentate in misura pari al il 99% di tutte le imprese.  Per comprendere il ruolo delle Pmi è opportuna una riflessione sulla loro dinamica strutturale perché questa multimensionalità fa sì che la definizione, a un primo approccio semplice, abbia un perimetro applicativo non immediatamente comprensibile.
L’articolo 2 dell’allegato alla raccomandazione 2003/361/CE fa rientrare nella categoria delle microimprese,delle piccole imprese e delle medie imprese (PMI) comprende  imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro.
La proiezione sul mercato
Ma come si muovono nel mercato le Pmi? Può essere considerata una definizione valevole per tutte o nella qualificazione di Pmi bisogna tenere conto del diverso profilo strutturale degli operatori? In particolare la Pmi è la proiezione di una sola entità economica oppure tale identità può non essere scalfita in presenza di fenomeni associativi o collegati? Sono alcuni degli interrogativi a cui Fiscooggi tenterà di dare una risposta.
Attività economica e forma giuridica
L’impresa è ogni entità, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, che eserciti un’attività economica. L’accezione ha un contenuto ampio che assume come fattore rilevante l’attività economica e non la forma giuridica. La definizione, dunque, fa sì che in essa siano ascrivibili i lavoratori autonomi, le imprese familiari, le partnership e le associazioni che esercitano regolarmente un’attività economica.
La maggior parte delle PMI sono autonome ma esistono anche PMI associate o collegate.
Le Pmi sono autonome se:
— sono totalmente indipendenti, senza alcuna partecipazione in altre imprese ;
— se detengono una partecipazione inferiore al 25% del capitale o dei diritti di voto (qualunque sia il più alto dei due) in una o più altre imprese e/o non vi sono soggetti esterni che detengono una quota del 25 % o più del capitale o dei diritti di voto (qualunque sia il più alto dei due) nella Pmi.
Il ruolo dell’autonomia
È possibile essere considerati autonomi anche se la soglia del 25% è raggiunta o superata da uno dei seguenti investitori:
• società pubbliche di partecipazione, società di capitale di rischio e «business angels» ;
• università o centri di ricerca senza scopo di lucro;
• investitori istituzionali, compresi i fondi di sviluppo regionale.
La Commissione europea non definisce gli investitori istituzionali. Rientra nella categoria chi negozia notevoli quantità di valori per conto di un grande numero di piccoli investitori individuali senza essere direttamente coinvolti nella gestione delle imprese in cui investe. Sono esempi di investitori istituzionali i fondi comuni d’investimento o i fondi pensione.
• autorità locali autonome aventi un bilancio annuale inferiore a 10 milioni di euro e meno di 5000 abitanti.
La condizione di autonomia viene preservata anche in caso di  presenza di uno o più degli investitori menzionati.Ognuno può avere una partecipazione non superiore al 50% nella Pmi ma non deve essere  collegato agli altri.
Microimprese, piccole imprese e imprese associate
La categoria delle microimprese, delle piccole e delle medie imprese comprende imprese che impiegano meno di 250 persone e il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro o il cui totale di bilancio non supera i 43 milioni di euro. Le piccole imprese, in particolare, impiegano meno di 50 persone e raggiungono un fatturato annuo o totale di bilancio non superiore ai 10 milioni di euro. Le microimprese, invece,  impiegano meno di 10 persone hanno un fatturato annuo o totale di bilancio non supera i 2 milioni di euro. Le Pmi operano in forma associata quando stabiliscono associazioni  economiche con altre imprese, in assenza di  controllo effettivo, diretto o indiretto, su altre. Nel merito l’impresa è associata se detiene una partecipazione uguale o superiore al 25 % del capitale o dei diritti di voto di un’altra impresa; non è collegata ad un’altra impresa. Ciò comporta, in particolare, che i diritti di voto in un’altra impresa (o viceversa) non debbono superare il 50%.
La definizione comunitaria di Pmi
Nella recente definizione di PMI adottata in sede Ue l’impresa non è una PMI se il 25 % o più del suo capitale o dei suoi diritti di voto è controllato direttamente o indirettamente da uno o più organismi collettivi pubblici o enti pubblici, a titolo individuale o congiuntamente. La ratio di  questa disposizione sta nella considerazione che la proprietà pubblica può offrire a queste imprese alcuni vantaggi, in particolare di carattere finanziario, sulle altre finanziate da capitali privati.
Il regime di collegamento
Le Pmi operano in regime di “collegamento” quando costituiscono un gruppo subordinato al  controllo diretto o indiretto della maggioranza dei diritti di voto di un’impresa da parte di un’altra ovvero  a un’influenza dominante su un’impresa. La fattispecie è numericamente poco esponenziale rispetto alle altre citate. Un esempio tipico di impresa collegata è la filiale controllata al 100 %. Due o più imprese sono collegate se esiste tra loro uno dei seguenti rapporti:
• un’impresa possiede la maggioranza dei diritti di voto degli azionisti o dei soci di un’altra impresa;
• un’impresa ha il diritto di nominare o revocare la maggioranza dei membri del consiglio di
amministrazione, di direzione o di sorveglianza di un’altra impresa;
• un contratto tra imprese, o una disposizione nello statuto di un’impresa, conferisce ad una di esse il diritto di esercitare un’influenza dominante su un’altra;
• un’impresa, in virtù di un accordo, è in grado di esercitare da sola il controllo sulla maggioranza
dei diritti di voto degli azionisti o soci di un’altra impresa.
Una precisazione, di natura strettamente fiscale, sul contenuto del fatturato può essere opportuna. Il fatturato non comprende l’imposta sul valore aggiunto (Iva) o altre imposte indirette e annualmente viene determinato calcolando il reddito che l’impresa ha ricavato durante l’anno di riferimento dalla vendita di prodotti e dalla prestazione di servizi, dopo il pagamento degli eventuali oneri.
Antonina Giordano
Fonte: Fisco Oggi