Crisi economica: Martino, creare legalità e far emergere il nero

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“La maggior parte delle spese se non si cambia la legislazione, continueranno a crescere per conto loro. L’Italia, perciò, non ha bisogno di manovre ma di riforme”. Queste le parole dell’ex-ministro Antonio Martino, che la Aduc riporta in un comunicato stampa. Più che una dichiarazione – spiega l’Aduc – si tratta di una vera e propria presa di posizione, da cui muovere per fare alcune considerazioni. La congiuntura economica sfavorevole, lo scenario di crisi in cui vige il diktat comunitario dei “conti da far quadrare” e in cui sudditi e contribuenti sono le uniche – e note – mucche da spremere, rendono necessario non solo operare mediante azioni congiunte e condivise, ma soprattutto che ci si stringa intorno a Governo e Parlamento (purché entrambe le parti siano disposte ad ascoltare, ciascuna nel rispetto delle proprie conoscenze e idee) con una proposta (o suggerimento, come lo si vuole definire): creare legalità. In altri termini: norme, regole e giustizia. Questo, si badi, non deve tradursi in una mostruosa e pesante burocrazia, di cui non si avverte la necessità e l’utilità, bensì, al contrario, nella volontà di delegificare e semplificare, adottando metodi semplici, che possano applicarsi all’ organizzazione della vita e del lavoro, così come nei rapporti privati e tra cittadino e istituzioni. L’emersione del “nero” – si legg enel comunicato – ovvero la legalizzazione di ciò che, attualmente, è vietato potrebbe rappresentare una sfida importante, lungo la strada delle riforme. I due casi, che potrebbero definirsi due estremi, sono droga e prostituzione. Due temi attuali quanto spinosi, per cui in passato era già stato presentato un disegno di legge – d’iniziativa dei senatori Donatella Poretti e Marco Perduca – che rappresentano anche due tabù culturali, propri e determinanti del nostro Paese. Potrebbe essere questa -conclude Aduc – l’occasione perché l’Italia, imboccando la strada della creazione di legalità, si faccia più europea, non solo in termini economici, ma anche socialmente e culturalmente.

Nadia F. Poli

Studio Cataldi