Cuneo fiscale, Italia 5a tra i Paesi Ocse

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È il cuneo fiscale il fattore che più di ogni altro penalizza l’Italia. Il nostro Paese si colloca al quinto posto tra quelli OCSE per differenza tra il costo del lavoro per l’impresa (versamenti contributivi) e il netto percepito in busta paga dal lavoratore. Insieme al Bel Paese, tra i cinque più tartassati relativamente ai dati del 2010 ci sono in ordine Belgio (55,4%), Francia (49,3%), Germania (49,1%) e Austria (47,9%). Segue l’Italia con il 46,9% l’Italia. Questo vuol dire che per ogni 100 euro lordi erogati dai datori di lavoro per ciascun dipendente, l’azienda ne deve aggiungere alti 32 per i versamenti contributivi, mentre al lavoratore vengono trattenuti per tasse e contributi altri 30 euro. Dunque in busta paga il netto (in questo caso 70 euro) corrisponde a poco più della metà rispetto ai 132 euro investiti dall’impresa. Fanno meglio tutti gli altri 29 Paesi analizzati, tra i quali anche alcuni tra i maggiori competitor per il nostro sistema produttivo come Regno Unito, Stati Uniti, Giappone e Spagna: competitor importanti per il nostro sistema produttivo. Ad essere più svantaggiate sono le imprese, e questo anche in Francia e in Spagna, poiché la quota di oneri per queste supera quella a carico dei lavoratori. Ridurre il cuneo fiscale a carico delle imprese significa ottenere maggiore produttività e motivazione da parte dei lavoratori. Le aziende infatti potrebbero investire la stessa quota di capitale ma i lavoratori riceverebbero buste paga d maggiore entità. Un meccanismo virtuoso che avrebbe ricadute positive anche sui consumi. Ma l’attuale situazione in Italia e le recenti misure intraprese dal Governo per risanare il debito pubblico non fanno ben sperare. In più la storia non aiuta, visto che dal 2000 al 2010 l’incidenza degli oneri sul costo del lavoro non appare migliorata. Un buon esempio da seguire potrebbe essere quello della Germania, la quale nello scorso decennio ha ridotto il cuneo fiscale a carico di lavoratori e imprese portandolo dal 52,9% al 49,1%.

Noemi Ricci

Pmi.it