Lettera aperta della vice Presidente della Provincia di Arezzo, Mirella Ricci:
“Sento parlare di nuovi tagli al Welfare, di falsi invalidi, di aumento dell’età pensionabile, dell’abolizione di piccoli Comuni e di Province, di blocco della tredicesima per i dipendenti di enti pubblici non virtuosi, di sciopero dei calciatori. Non sento parlare di un riordino generale dell’assetto istituzionale che vada a correggere situazioni che nel tempo, una politica con la “p” minuscola ha creato.
Non sento parlare di abolire privilegi ingiustificati di parlamentari e di consiglieri di alcune Regioni, compreso quello più odioso di acquisire il diritto alla pensione dopo neanche un mandato. Nessuno ha rinunciato a questo beneficio e solo pochi hanno avuto il coraggio di denunciare con forza un ingiustizia sociale così macroscopica.
Non sento parlare di stabilire un limite ai mandati dei parlamentari per permettere un ricambio generazionale che allinei il nostro paese al resto d’Europa.
Non sento parlare di abolire consorzi e organismi con funzioni attribuibili a livelli istituzionali già esistenti, che spesso servono a riallocare politici non rieletti o che non avendo un lavoro diventano disoccupati a fine mandato. Dobbiamo ancora decidere se fare l’amministratore o il politico è un servizio a termine offerto alla comunità o una vera e propria professione.
Non sento parlare delle pensioni da fame che percepiscono gli invalidi, ma solo di falsi invalidi, quando non esiste un autocertificazione per dichiararsi tale, ma è necessaria l’attestazione di un sanitario.
Non sento parlare di quanto la divisione delle sigle sindacali renda sempre più fragile la difesa dei diritti dei più deboli.
Abbiamo bisogno di una politica con la “P” maiuscola che si interroghi, che sappia superare gli ostacoli che la fanno diventare elemento inutile, quasi fastidioso, lontano dalla vita quotidiana delle persone.
In un momento di crisi come questo è importante non parlare per slogan, tutti contro tutti nel disperato tentativo di tenere stretti i piccoli o grandi privilegi acquisiti, dove a pagare alla fine saranno sempre i soliti “noti”. Non abbiamo bisogno di piccoli ritocchi al sistema, ma tornare alle origini, rispolverare la Costituzione, rinunciare all’egoismo di parte per ritornare ad occuparsi del bene comune, lo dobbiamo agli amministratori onesti, ai dipendenti pubblici e privati che tutti i giorni svolgono con fatica e passione il proprio lavoro, agli imprenditori, ai pensionati, ai cassintegrati e soprattutto ai giovani che hanno il diritto di avere un futuro.
Lo tsunami sta per arrivare, o ci aggrappiamo saldamente ai principi di democrazia e di giustizia sociale o saremo trascinati dalla corrente che non sappiamo dove ci condurrà”.