Il SISTRI (Sistema di Controllo della Tracciabilità dei Rifiuti) nato su iniziativa del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare per permettere l’informatizzazione dell’intera filiera dei rifiuti speciali a livello nazionale e dei rifiuti urbani per la Regione Campania ha subito una strana sorte. E’ nato e morto per semplificare, dato che nella manovra la sua cancellazione trova posto nell’articolo 6 dedicato alla liberalizzazione in materia di inizio attività e a “ulteriori semplificazioni”. Le imprese soggette al SISTRI erano circa 360 mila e l’abrogazione le ha colte di sorpresa, anche perché moltissime sarebbero partite il 1° settembre. Tutta la platea degli obbligati sperava in una proroga ma non avrebbe immaginato una soluzione così radicale. La diffidenza nei confronti del SISTRI non nasceva dall’introduzione di un sistema informatico di rintracciabilità dei rifiuti, bensì nelle infinite complicazioni procedurali e nelle difficoltà tecnologiche che arrivavano ai limiti dell’impossibilità di gestione. L’abrogazione potrebbe essere valutata come un’importante opportunità per vedere radicalmente il sistema dal momento in cui nessuna impresa rema contro il SISTRI. Il problema è il SISTRI così come le imprese lo hanno conosciuto finora, fonte di enormi complicazioni e di costi, ad esempio il tempo dedicato dalla formazione degli addetti, al ritiro dei dispositivi, al montaggio delle black boxes, alla “lunarità” del sistema chiavette USB in termini di numero e di malfunzionamenti. Accanto a questi si pongono i costi diretti, sui quali non esiste alcun dato ufficiale ma che si presumono altissimi. Comunque, in ordine al mancato gettito futuro, l’effetto sui conti dello Stato sarà ininfluente in quanto i pagamenti delle imprese coprono il servizio e non sono una tassa. L’abrogazione del SISTRI e delle sanzioni correlate è definitivo, senza dare adito a dubbi interpretativi, viene cancellato anche il decreto ministeriale istitutivo (17 dicembre 2009); viene invece confermata l’applicabilità delle altre norme in materia di gestione dei rifiuti. Quindi, a oggi, occorre continuare a tracciare i rifiuti prodotti e gestiti usando i registri e formulari secondo gli articoli 190 e 193 del Codice ambientale (Dlgs 152/2006). L’obbligo comunitario sulla tracciabilità (non necessariamente informatica) è imposto dalla direttiva 2008/98/CE solo per i rifiuti pericolosi.
di Flavia Del Duca