Sicurezza: una famiglia su sei ha un’arma in casa

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In Italia ci sono quasi 10 milioni di armi che potrebbero essere usate da chiunque
L’ultimo caso in ordine cronologico è quello in provincia di Lecce. Un giovane di 26 anni ucciso dal proiettile calibro di 7,65 esploso da un ex guardia giurata, partito da una pistola che forse la vittima voleva soltanto osservare da vicino. Uno dei milioni d’italiani legittimati al possesso di una pistola.
Ancora un altro fatto di cronaca di una delle innumerevoli tragiche vicende italiane che non riguardano fatti di crimine in senso stretto ma sono connessi con l’uso o il possesso legittimato dal porto d’armi, tanto che viene da chiedersi quanti altri casi ancora dovranno accadere prima che si debba mettere mano ad una normativa che appare sin troppo permissiva.
I dati che emergono dal più recente rapporto Eurispes sono a dir poco allarmanti se sono circa 10 milioni le armi legali presenti in Italia, con almeno quattro milioni di famiglie “armate”, ossia la sorprendente cifra di una su sei.
Per la verità i porto d’arma per la difesa personale sono piuttosto limitati e sarebbero circa “solo” 34 mila a fronte delle milioni di armi legali presenti. A questi, bisogna infatti aggiungere i circa 50mila permessi rilasciati a guardie giurate. Un trend negativo è rappresentato anche dal porto d’armi per la caccia, che ha visto i due milioni di titolari degli anni passati scendere ad “appena” 800mila dei giorni d’oggi. In controtendenza, invece, sarebbero i permessi per uso sportivo (tiro a volo o tiro a segno) che comunque non superano, secondo le diverse fonti, i 178mila.
E così si arriverebbe ad un totale di quasi due milioni di civili autorizzati a cui devono essere inevitabilmente sommati i milioni di membri delle forze di polizia che per ovvie ragioni un’arma a casa la devono riportare al momento del servizio.
Peraltro, dev’essere segnalato sempre secondo il rapporto Eurispes, che almeno tre milioni d’italiani hanno denunciato la presenza di armi in casa, ereditate o inservibili.
Dopo il boom degli anni Settanta e l’introduzione di norme sempre più rigide per adeguarsi alla normativa europea, il numero dei permessi per il porto d’arma per difesa si è ridotto sensibilmente nel corso dell’ultimo decennio: le 41.395 licenze concesse nel 2002 sono scese nel 2003 a 36.494 nel 2003 per calare ulteriormente a 34.274 nel 2004. A ciò fa da pendant delle richieste: nella sola Roma le 5.000 richieste presentate nel 2003 sono salite a 9.800 nel 2005 e a 11.250 nel 2006. La Provincia di Roma comunque segue, nella classifica della città “più armate”, Torino e Milano. Ci sono poi casi particolari come quello della provincia di Nuoro dove si contano 1.200 possessori di porto di pistola e 17.700 cittadini con porto di fucile “per uso venatorio” con una media pari ad un’arma ogni 10 abitanti.
Vi è da dire che nonostante l’Italia possa vantare una delle normative più avanzate nel mondo per quanto riguarda il controllo delle armi sulla scia delle normative europee che hanno tra l’altro consentito di superare alcune vetuste norme tipo quella che consentiva anche ai sedicenni di poter andare a caccia, dall’altra per Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, alla luce della miriade di fatti di cronaca che vedono spesso coinvolti cittadini che dimostravano di non possedere i requisiti psichici per il possesso di un arma, ritiene utile un’ulteriore stretta sulla legislazione vigente troppo attenta alla valutazione dei requisiti d’onorabilità della persona, ma carente soprattutto proprio in merito alla necessità di verifica della salute psichica attraverso il rilascio di un’apposita certificazione dello stato psico-fisico del richiedente.
Giovanni D’AGATA