Le elezioni anticipate si allontanano, si complica la strada di un nuovo esecutivo guidato da Angelino Alfano o Gianni Letta e avanza invece a grandi passi l’ipotesi di un governo di emergenza guidato da Mario Monti, non caso nominato ieri senatore a vita dal presidente della Repubblica Napolitano. La nota emanata ieri pomeriggio dal Quirinale per cercare di rassicurare i mercati dopo l’impennata dello spread sui titoli italiani, di fatto riduce a due i possibili sbocchi della crisi aperta dopo l’annuncio delle prossime dimissioni di Berlusconi. Per Napolitano, infatti, o si arriva in tempi rapidissimi alla definizione di un nuovo governo capace di ottenere la fiducia del Parlamento o si scioglieranno subito le Camere, entro novembre. A quel punto via alla campagna elettorale in vista di elezioni da tenere tra il 25 gennaio e il 20 febbraio. Ma il fronte dei favorevoli alle elezioni anticipate si va via via assottigliando. Soprattutto all’interno del Pdl dove varie componenti, anche molto numerose, stanno uscendo allo scoperto. “Andare alle urne sarebbe sbagliato” sostiene Claudio Scajola che apre a un ritorno nella maggioranza dei finiani e dell’Udc. Ci sono poi i dissidenti che sono usciti dal Pdl guidati da Roberto Antonione che si apprestano a dar vita al gruppo autonomo degli “Scontenti” pronto ad appoggiare un nuovo governo. Il no alle elezioni dei parlamentari del Grande Sud lo ufficializza il leader Gianfranco Miccichè: “Andare al voto adesso significa rendere più instabile e meno credibile il nostro Paese”. Per non parlare di Beppe Pisanu, attorno al quale ruotano alcune decine di senatori, che ieri è stato drastico: “sono contrarissimo, se ci sono elezioni anticipate esco dal gruppo, dal Pdl, da tutto”. Schierati per il no alle urne anche Frattini e Formigoni. Insomma, in pole position sembra esserci ora un governo guidato da una personalità riconosciuta anche all’estero come Mario Monti capace di trovare una maggioranza in Parlamento. Avrebbe il compito di varare le drastiche misure economiche invocate da Ue e Bce e magari anche di riscrivere la legge elettorale. Ad appoggiarlo dovrebbero essere l’intero Terzo Polo, il Pd e forti componenti del Pdl. Berlusconi è contrario in via di principio ma alla fine sembra disposto a dare il suo via libera anche se dopo la sua uscita di scena a prendere le decisioni dovrebbe essere Alfano magari con una spaccatura del partito. Tra le opposizioni Bersani, Casini, Fini e Rutelli sono pronti a schierarsi mentre Di Pietro si chiama fuori e definisce
un governo tecnico come “inciucio per fare macelleria sociale”. E la Lega? E’ Roberto Calderoli a precisare la posizione: “non sosterremo mai un governo tecnico, di unità nazionale, di tregua, di maggioranze allargate o come diavolo lo si voglia chiamare. Sono solo pastrocchi di Palazzo”. “La parola – conclude – deve tornare al popolo”. “Opposizione è bello” aggiunge Bossi. Insomma, per il Carroccio “la strada maestra sono le elezioni”. Il Senatur aveva proposto a Berlusconi di fare un passo di lato e la Lega avrebbe appoggiato un nuovo esecutivo guidato da Alfano o da un altro candidato del Pdl come Gianni Letta. Favorevoli a questa soluzione sarebbero anche buona parte dei “dissidenti” del Pdl che invocano una svolta ma dopo il magro bottino dei 308 voti sul Rendiconto Generale dello Stato si è di fatto vanificata. Del resto lo aveva detto domenica Maroni: “inutile accanirsi, la maggioranza non c’è più”.