Accertamento fiscale: illegittimo se il contribuente risponde al questionario con “breve” ritardo

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Ciò è quanto emerge da una recente sentenza della Suprema Corte (sentenza della Corte di Cassazione n.20461 del 6 ottobre 2011, pubblicata all’interno del gruppo di Facebook “S.O.S. FISCO”), la quale ha fornito una nuova interpretazione della norma relativa all’obbligo di risposta ai questionari inviati dall’Agenzia delle Entrate, soprattutto in merito alle conseguenze derivanti dal ritardo nell’invio degli stessi da parte dei contribuenti (art. 39, comma 2, lett. d-bis del DPR n.600/73).

Tale norma, infatti, permette all’Ufficio di determinare il reddito d’impresa del contribuente in maniera assolutamente induttiva (ossia prescindendo dalle scritture contabili) nel caso in cui “il contribuente non ha dato seguito agli inviti disposti dagli uffici …”.

Alla luce della predetta norma, non è raro che l’Agenzia delle Entrate conceda al contribuente un termine relativamente stretto entro cui rispondere al questionario, equiparando il ritardo alla mancata risposta e dunque procedendo all’accertamento fiscale indipendentemente dal comportamento (assolutamente reticente o lievemente in ritardo) del contribuente.

La suprema Corte ha invece dichiarato illegittima tale equiparazione di comportamenti (ossia il lieve ritardo dalla mancata risposta) affermando anche che il potere accertatore dell’ufficio deve essere necessariamente indirizzato a finalità pienamente corrispondenti al soddisfacimento dell’interesse al concorso di tutti i cittadini alla spesa pubblica in ragione della capacità contributiva (art. 53 della Costituzione) dovendosi sempre distinguere i comportamenti concretamente elusivi da quelli invece legati alla complessità di situazioni organizzative delle quali il contribuente potrebbe non essere in grado, in perfetta buona fede, di ottemperare nei termini richiesti.
Proprio in riferimento a ciò, i giudici dichiarano che “… il mero leggero ritardo da parte del contribuente nell’eseguire quanto richiestogli dall’ufficio … non può essere equiparato alle più gravi ipotesi previste e disciplinate dal legislatore nel D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, …”.
Viene, quindi, dalla Suprema Corte un forte richiamo all’uso del buon senso nell’applicazione di poteri accertativi troppo aggressivi che posso creare gravissimi danni al contribuente.

Avv. Matteo Sances

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