Dal 1946 “Il Canto degli Italiani” non è stato ancora inserito nella Costituzione
Forse pochi sanno che l’Inno nazionale, quello di Mameli, soffre di una condizione di lunghissimo e indegno precariato, come spesso succede in Italia, dove il provvisorio diventa definitivo. E “provvisorio”, infatti, è considerato tale inno, fin dal 14 ottobre 1946, quando il Consiglio dei Ministri dell’epoca ne acconsentì l’uso nei cerimoniali ufficiali, senza però avere l’accortezza di farlo inserire nella nuova Costituzione repubblicana, come la bandiera che è stata riconosciuta simbolo dello Stato all’articolo 12. In un’Italia dove pure l’inno nazionale è precario da oltre 65 anni, l’Università delle Generazioni, nell’inviare un saluto beneaugurate al neo-governo Monti, fa appello alla maggioranza parlamentare che lo sostiene di dare un importante segno simbolico quanto tangibile del nuovo corso, approvando una delle tante proposte di legge costituzionale già presentate alle Camere per inserire, finalmente ed ufficialmente, nell’articolo 12, assieme alla bandiera e ad altri eventuali simboli della Repubblica Italiana, il cosiddetto “Canto degli Italiani” composto nell’autunno 1847 da Goffredo Mameli (testo) e Michele Novaro (musica).
L’Università delle Generazioni auspica che liberare dal precariato cronico l’Inno nazionale possa significare pure liberare dal precariato decine di migliaia di italiani (in gran parte giovani) per farli contribuire adeguatamente al progresso del nostro Paese, garantendo loro una migliore qualità della vita personale, familiare, sociale e un futuro previdenziale sereno e dignitoso (cosa che attualmente è davvero assai difficile immaginare). La precarietà è uno dei tanti aspetti dell’attuale grave crisi da risolvere quanto prima, coscienti che senza il capitale umano pure l’economia perde senso ed eticità. La dignità dei simboli e delle persone, infatti, dovrebbe andare avanti di pari passo. Per l’inserimento dell’Inno all’art. 12 della Costituzione si sono mosse ufficialmente anche alcune istituzioni, come ha fatto recentemente la Regione Basilicata. Bisognerebbe approfittare adesso che la Lega (sempre contraria ad un inno unitario italiano) si è posta all’opposizione. Inoltre, rendendo ufficiale l’ormai consolidato e consacrato inno dei “Fratelli d’Italia”, si eviterebbero fatti incresciosi che ledono la dignità di una nazione, come l’uso di tale musica a fini pubblicitari e commerciali.
Infatti, solo per fare tre fastidiosi esempi, la Kasanova, una ditta di Arcore, pubblicizza sulle note musicali dell’Inno di Mameli i propri prodotti per la casa, mentre persino una istituzione pubblica come la Rai ha permesso che la sua Radio 2 con la trasmissione “Caterpillar” possa promuovere, con una parodia del “Canto degli Italiani”, l’iniziativa “M’illumino di meno”. Per non dire che la stessa Rai ha consentito a Fiorello (nel suo esordio del nuovo show “Il più grande spettacolo dopo il weekend” andato in onda lunedì 14 novembre scorso) di cantare il “Fratelli d’Italia” in una versione rappata e jovanottiana. E medesima triste sorte sta capitando all’Inno ufficiale europeo, quell’Inno alla Gioia di Beethoven che viene spesso banalizzato ed avvilito nei caroselli pubblicitari commerciali.
Domenico Lanciano