Equilibrio dei conti: gli italiani vogliono tagli alla spesa

0
350

Quasi due italiani su tre – secondo l’indagine Confesercenti-Ispo – vogliono che il Governo imbocchi unicamente la via della riduzione della spesa pubblica. Mentre un altro 29% vede possibili sia tagli che aumenti di tasse. Sommando i favorevoli ai tagli della spesa pubblica si tocca il 94%. Solo un marginalissimo 3%, infine, considera praticabile solo la via dell’aumento dell’imposizione.

Pressione fiscale alle stelle

Gli italiani, infatti, mostrano una forte insofferenza sulla ormai insostenibile pressione fiscale. Di recente si parla molto dei primi interventi che il nuovo Governo dovrebbe mettere in campo, ma purtroppo si intende agire prevalentemente sul versante delle entrate, almeno nel breve periodo, per coprire i 35 miliardi necessari (20 miliardi della delega fiscale, i circa 10 dovuti a minor crescita del PIL, i 4-5 per la crescita dei tassi di interesse, ecc.). Nonostante le ipotesi di compensazione dal lato dell’Irpef e dell’Irap, resterebbe comunque un carico, ulteriore, pesante per famiglie e piccole e medie imprese.Secondo calcoli Confesercenti si rischia una pressione fiscale alle stelle che galleggerebbe nel 2014 fra il 46,1% ed il 47,2% come effetto di maggiori balzelli compensativi dei tagli agli enti locali e delle maggiori entrate prevedibili con i nuovi interventi che si ipotizzano per l’immediato futuro (Ici, Iva, rivalutazione rendite catastali e così via).

Il “nodo” della spesa pubblica

Per un ampia maggioranza degli italiani il vero “nodo” è la spesa pubblica: e ad insistere sono soprattutto i giovani dai 18-24 anni (80%). Mentre fra le aree territoriali spiccano il Sud (69%) ed il centro (68%) e fra gli elettori quelli di centro (77%).Questo orientamento si spiega in buona parte non solo con l’elevato livello della pressione fiscale ma anche con altri due elementi: 3 italiani su 4 avvertono uno squilibrio fra quanto versano di tasse e quanto ricevono in cambio dallo Stato in termini di servizi. E sono soprattutto i giovani ad avvertire questo disagio. Infatti il 76% ritiene i servizi pubblici insufficienti rispetto ai tributi pagati, un 11% li considera invece adeguati, un altro 11% addirittura elevati. Non si pronuncia solo un 2%. I più critici sono i cittadini del Centro (81%) e del Nord Est (78%) mentre quelli del Nord Ovest e del Sud si attestano a poca distanza con il 74%.Ma c’è una seconda “insofferenza” che pesa: l’81% degli italiani giudica eccessivo il numero di imposte mentre un 17% lo accetta come necessario. In questo caso a guidare la fila degli scontenti sono però gli ultra-cinquantenni con l’87%, mentre i giovani si “fermano” al 72%.

Accise ed Iva da eliminare, bocciata Equitalia

Ma in attesa di interventi necessari per ridare ossigeno alle famiglie ed alle imprese quale sarebbe l’imposta da mandare subito in soffitta? Al primo posto figurano le accise sui carburanti (28%), considerate soprattutto dagli automobilisti evidentemente le maggiori colpevoli degli aumenti di benzina e gasolio. Subito dopo è interessante notare che figura l’Iva (22%) sulla quale grava il rischio di ulteriori ritocchi. Il giudizio degli italiani appare chiaro e rafforza la convinzione espressa da Confesercenti che un aggravio dell’Iva porta solo nuovi e più gravi problemi in una fase di crisi, di consumi al palo, di inflazione crescente. Fra le imposte meno amate seguono poi l’Irpef e l’Ires (14%) e compare anche l’Ici (11%) altra indiziata di un probabile ritorno.In questo caso è assai significativa la ripartizione delle “preferenze”: se le accise dei carburanti vedono pollice verso soprattutto da parte delle fasce più giovani della popolazione (dai 18 fino ai 34 anni), sull’Iva si accentra l’attenzione dei 35-44enni, ovvero una parte consistenti dei consumatori per eccellenza. Mentre delle imposte comunali e dell’Ici farebbero volentieri a meno gli ultra 64enni. Un fisco tanto eccessivo non poteva che produrre una “bocciatura” nei confronti di Equitalia il cui voto è ben al di sotto della sufficienza: 4,7.

I tagli secondo gli Italiani

Ma se è la spesa pubblica il vero campo di azione su cui intervenire per recuperare risorse utili alla crescita economica quali sono le voci di riduzione più “gettonate” dagli italiani? Il 78% dei nostri concittadini non ha dubbi: vanno diminuiti i compensi di Parlamentari, Consiglieri regionali e locali.Un altro 11% pensa che sia utile un taglio del 20% della spesa pubblica corrente, nazionale , regionale e locale. Solo un italiano su 100 lascerebbe le cose come stanno e sarebbe favorevole a garantire l’equilibrio dei conti pubblici con nuove tasse. Sono segnali che non possono essere sottovalutati anche se in questa fase di riduzioni di spesa e di sprechi praticamente non si parla quasi più. Se così fosse sarebbe un grande errore, secondo Confesercenti, perché in realtà c’è lo spazio anche nell’opinione pubblica per interventi coraggiosi e chiari.

Le proposte Confesercenti: “possibili tagli di spesa immediati dal valore di 12,4 miliardi”

Secondo le stime di Confesercenti, sarebbero possibili 12,4 miliardi di euro di tagli, così ripartiti:

– Amministrazione centrale. Valore del taglio: 2,2 miliardi

– 1 miliardo circa di risparmio potrebbe essere ottenuto portando subito il trattamento dei membri del Parlamento e del Governo al livello degli altri Paesi europei. Una procedura già avviata, ma rimandata alla prossima legislatura.

– 1,2 miliardi riducendo il numero dei membri del Cda, degli incarichi e delle consulenze degli Enti e delle Società Pubbliche.

– Province e consulenze. Valore del taglio: 8,5 miliardi (15,5 miliardi con l’abolizione totale delle Province)

– 7 miliardi ridistribuendo tra Comuni e Regioni le competenze delle Province ed eliminandone il livello politico-rappresentativo. Altri 7 miliardi (per un totale di 14), abolendo completamente le Province e assorbendo gradualmente, in un periodo di 3-4 anni, i dipendenti provinciali nell’amministrazione pubblica.

– 1,5 miliardi riducendo del 50% le spese per consulenze, incarichi, collaborazioni e spese per comitati e varie commissioni, che nel 2009 hanno portato all’esborso di 3 miliardi di euro

– Auto blu. Valore del taglio: 2,3 miliardi

– 500 milioni dimezzando le auto “blu” e “grigie”, le 73.000 vetture a disposizione degli uffici per attività operative.

– 300 milioni riducendo il numero delle auto blu assegnate all’amministrazione centrale (in tutto 13.000 autovetture)

-1 miliardo tagliando del 50% il costo complessivo di tutto il personale addetto al parco autovetture

-500 milioni portando alla metà le autovetture dedicate ai servizi speciali e di vigilianza urbani in cui sono impegnate altre 12.000 unità.